Pandemia. Il Covid colpisce di più i migranti: la causa è sociale

by Giansandro Merli * | 4 Giugno 2021 9:57

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Le persone migranti, sia quelle arrivate di recente che le seconde generazioni, tendono a soffrire di più il contagio e gli effetti del coronavirus. Lo sostiene uno studio del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) pubblicato ieri. In Danimarca, Norvegia e Svezia il numero di migranti colpiti dal Covid-19 è stato proporzionalmente maggiore rispetto al resto della popolazione. In Italia e Spagna sono finiti più in ospedale in rapporto ai cittadini nazionali. Nel Regno Unito, Olanda, Francia e Svezia si sono registrati tassi di mortalità più alti tra gruppi di persone provenienti da specifiche aree del mondo che nella popolazione residente.

I motivi non sono di natura biologica, ma riguardano le condizioni sociali di vita e lavoro. Tre quelle messe in evidenza dallo studio. Il «rischio occupazionale» legato a una maggiore precarietà, a un utilizzo diffuso dei mezzi pubblici, a mansioni svolte in prima linea (dall’assistenza domestica alle professioni sanitarie). Gli «alloggi sovraffollati», nelle case private ma soprattutto nei centri di accoglienza, nei campi profughi o nelle strutture detentive. Le «barriere» all’accesso alla sanità pubblica che derivano da problemi con i documenti, difficoltà linguistiche, mancanza di informazioni, a volte anche scetticismo.

L’Ecdc ritiene urgente stabilire «modelli e buone pratiche» per garantire le vaccinazioni delle persone migranti su tutto il territorio europeo. Serve una comunicazione scientifica efficace e una maggiore apertura dei sistemi sanitari. In Italia la questione era stata sollevata a maggio scorso dalla Società italiana di medicina delle migrazioni (Simm), che aveva denunciato l’esclusione dei migranti senza documenti e di molti richiedenti asilo dalla possibilità di prenotarsi e accedere al vaccino.

Secondo le stime sarebbero circa mezzo milione le persone sprovviste di permesso di soggiorno nel nostro paese: rischiano di rimanere fuori dalla campagna vaccinale. Altre 78mila vivono nei centri di accoglienza e nonostante abbiano diritto all’iscrizione al sistema sanitario nazionale soffrono spesso difficoltà e ritardi. Anche per loro c’è il rischio di esclusione. Una buona notizia arriva invece dalla Grecia: oggi inizieranno le somministrazioni nei campi profughi delle isole di Lesbo, Chio e Samo, dove sono costretti a vivere in condizioni terribili in circa 9.500.

Il rapporto tra virus e migranti è stato politicizzato in modi diversi e a volte contrastanti durante la pandemia. Nei primi mesi circolavano teorie complottiste secondo cui le persone provenienti dall’Africa fossero immuni al Covid-19. Successivamente le forze politiche di destra hanno provato ad alimentare la paura che, nonostante le quarantene obbligatorie, gli sbarchi importassero nuovi focolai. Lo studio dell’Ecdc conferma che se i migranti sono maggiormente colpiti dal virus non dipende dal colore della pelle o dal marchio sul passaporto, ma dalle condizioni materiali in cui si trovano a vivere.

* Fonte: Giansandro Merli, il manifesto[1]

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