Amnesty offre uno scudo contro lo spyware Pegasus, mentre Israele corre ai ripari
Tel Aviv crea un team speciale per gestire le accuse di complicità con la società Nso e le intelligence straniere che ne hanno usato il software. Intanto l’associazione per i diritti umani offre gratuitamente uno strumento per verificare se il proprio telefono è stato attaccato
Pegasus è pressoché invisibile: le versioni più recenti del software-spia dell’israeliana Nso si nasconderebbero nella memoria temporanea di smartphone o iPhone. Ma intercettarlo non è impossibile: Amnesty Tech, il collettivo di hacker e ricercatori dell’associazione per i diritti umani, ha messo a punto Mvt, Mobile Verification Toolkit, strumento gratuito e scaricabile online per sapere se lo spyware ha attaccato Android o iOS.
In attesa di renderlo utilizzabile anche ai principianti, come ha spiegato la direttrice di Amnesty Tech, Rasha Abdul-Rahim, anche i leader politici mondiali sono costretti a trattare di una questione volutamente ignorata, che finora aveva riguardato attivisti e giornalisti del sud del mondo: secondo Le Monde, tra i target del software israeliano (dal mancato premier libanese Hariri a quello indiano Khan, dal presidente sudafricano Ramaphosa fino allo stesso re marocchino Mohammed VI) e tra i 50mila numeri di telefono intercettati ci sarebbe anche quello del presidente francese Macron, sotto sorveglianza delle autorità marocchine.
Il Guardian – tra i giornali che ha realizzato la mega inchiesta su Pegasus guidata dal gruppo no-profit Forbidden Stories – non si deve però correre troppo: il fatto che quel numero sia nella lista «non significa che sia stato hackerato con successo».
E mentre la magistratura francese apre un’inchiesta sulle accuse all’intelligence marocchina, il governo israeliano prova a correre ai ripari: secondo il sito Axios, è stato formato un team ministeriale formato da Difesa, Esteri e Giustizia e dal Mossad per gestire la bufera diplomatica che si appresta ad abbattersi, più o meno dietro le quinte, su Tel Aviv.
Lo stesso ministro della Difesa Gantz ha fatto sapere che il governo sta «studiando» i rapporti in merito agli usi di Pegasus in violazione della licenza di esportazione. È così che Israele tenterà di difendersi dalle accuse di complicità con la società Nso e con le intelligence straniere che ne hanno usato lo spyware.
Accuse che hanno radici lontane e che rientrano nella diplomazia economica di Tel Aviv, spesso imbastita con paesi autoritari come India, Ungheria ed Emirati con cui Israele ha avviato o rafforzato le relazioni economiche e diplomatiche proprio negli ultimi anni.
Un esempio su tutti: come ricostruito dal Guardian, la Nso era presente già nel 2017 a una serie di incontri segreti tra imprenditori israeliani e funzionari sauditi. Che hanno poi acquistato Pegasus per 55 milioni di dollari dietro l’esplicito permesso del governo israeliano, che viene concesso tramite Deca, la Defence Export Controls Agency, in teoria fornita di strumenti legali per impedire la vendita di prodotti di sorveglianza se c’è timore di violazioni di diritti umani.
Ovviamente i destinatari di tali strumenti per Israele sono segreto di Stato. Non è dato sapere nemmeno se i “colpacci” di Pegasus all’estero siano visibili e accessibili all’intelligence israeliana. Se cioè esista un accordo con la Nso per visionare le informazioni raccolte dallo spyware per altri acquirenti. Secondo fonti statunitensi che hanno parlato con il Washington Post, sì: Israele ha accesso a tutto quello che Pegasus scova.
* Fonte: Chiara Cruciati, il manifesto
Related Articles
Stop alle armi e beni congelati in vigore le sanzioni Ue contro la Siria
L’Unione europea conferma le sanzioni contro la Siria, in particolare nei confronti di 13 rappresentanti della leadership di quel Paese, considerati responsabili delle violenze contro i civili.
Capitol Hill. Ignorato il memorandum dell’FBI che annunciava l’assalto
Si aprono le udienze sulla rivolta trumpista del 6 gennaio scorso. La polizia del Campidoglio sulla graticola: l’Fbi aveva segnalato il pericolo ma nessuno si era mosso
Immigrazione. L’Europa in crisi chiude le porte
“La maggior parte dei paesi Ue respinge i rifugiati”: così Dagens Nyheter riassume la politica degli stati membri nei confronti delle domande d’asilo. Dieci paesi accolgono circa il 90 per cento dei 100mila disperati che ogni anno bussano alla porta dell’Unione europea, precisa il quotidiano svedese, sottolineando che gli altri 17 stati membri dovrebbero fare di più. Il commissario europeo agli affari interni Cecilia Malmstrà¶m, intervistata dal quotidiano, ha ricordato che l’Europa è molto lontana dall’armonizzazione della politica d’asilo prevista per il 2012 dalla Commissione europea.