Genova, 20 anni fa. Neo-razzisti e neo-schiavi: dietro la repressione, il business

Genova, 20 anni fa. Come eravamo e dove andiamo. Dal dossier n. 4 dell’agenzia Testimoni di GeNova. Un commento di Salvatore Palidda
- Il nuovo governo ha trovato la strada già spianata per poter aggravare la precarizzazione della condizione dei regolari e la criminalizzazione degli irregolari
- Il fenomeno delle economie sommerse o illecite è ormai diffuso soprattutto al nord. I padroncini di queste economie hanno una perfetta comunità di interessi con Lega e Forza Italia
- La precarizzazione e l’accanimento contro i clandestini ha un’unica conseguenza: accrescere il bacino di potenziali neo-schiavi ancor più ricattabili
- La condizione degli immigrati è rivelatrice della condizione di tutti quei lavoratori alla mercé del liberismo
Al di là della demagogia più o meno apertamente razzista dei leghisti e di buona parte del resto dell’attuale maggioranza, la politica migratoria del governo Berlusconi-Fini-Bossi non fa che accentuare tutte le pratiche ignobili già operanti durante la passata legislatura. E non è un caso che il capo di gabinetto del ministero Maroni sia lo stesso personaggio che esercitava questa funzione nel ministero della signora Turco. Come avevano segnalato gli amici dell’ASGI, la legge Turco-Napolitano rischiava di accentuare il potere discrezionale delle forze di polizia nella gestione della regolarità, in quella dell’irregolarità e nella cosiddetta repressione dei clandestini e della delinquenza degli immigrati. Il decreto d’applicazione della legge ha confermato puntualmente questa triste previsione riuscendo anche ad azzerare quasi quella parte della legge che avrebbe dovuto favorire l’integrazione, l’accesso alla parità di diritti civili e del lavoro, i ricongiungimenti familiari, insomma il riconoscimento concreto dei diritti più elementari. È emblematico che una delle ultime direttive interne del ministero dell’Interno guidato da Enzo Bianco ha di fatto eliminato la carta di soggiorno.
In altri termini, il nuovo governo ha trovato la strada perfettamente spianata per poter aggravare la precarizzazione della condizione dei regolari e la criminalizzazione degli irregolari, dei presunti devianti o di quegli immigrati che la nostra società è riuscita a far approdare rapidamente alle diverse attività illecite.
Ma cosa ci sta dietro l’accanimento razzista dei leghisti e di altri dell’attuale governo? È questa la questione forse più importante per capire come organizzare la resistenza a questo regime reazionario e razzista. La differenza fra il centro-sinistra e l’attuale maggioranza sta nel fatto che quest’ultima rappresenta gran parte, se non la totalità, di quegli attori economici che sguazzano in quel 27% del PIL costituito dalle economie “sommerse” o “sporche” (che vanno dall’informale all’illegale e al criminale). Com’è noto, si tratta di pseudo-artigiani, imprenditori, commercianti, caporali, commercialisti, ecc., ecc., che realizzano lauti profitti sfruttando manodopera al nero, ridotta a volte in condizioni di neo-schiavitù, e giocando con transazioni illecite di ogni sorta. Come mostrano persino alcune recenti inchieste nello straricco nord, e in particolare nella Milano capitale italiana del trionfo liberista, il fenomeno delle economie sommerse o del tutto illecite non è più appannaggio del meridione, anzi è diffuso soprattutto al nord e nel centro-nord. Distanziando enormemente Napoli, Genova, Palermo e Bari, Milano è diventata la capitale del lavoro nero e di ogni sorta di illeciti non solo nell’edilizia, ma anche nella contraffazione, nei laboratori che producono confezioni o giocattoli natalizi, nelle imprese di pulizie, ecc., ecc. I padroncini di queste economie sono proprio quelli che votano e fanno votare Lega o Forza Italia perché hanno una perfetta comunità di interessi con Berlusconi: non ne possono più di lacci e lacciuoli, non sopportano ostacoli alla loro sfrenata corsa verso il continuo arricchimento, vogliono riconosciuto un solo diritto, quello della libertà d’agire del più forte, che ovviamente deve corrispondere alla negazione del diritto di chi deve lavorare per questo. Castelli non si squalifica affatto quando difende a tutti i costi l’impunità di Berlusconi e Previti, perché mostra così come è pronto a difendere i suoi, quei padroncini che vogliono il diritto di organizzare il caporalato, la frode fiscale, la violazione delle norme ambientali, la neo-schiavizzazione dei deboli e a volte persino la libertà delle molestie sessuali nei confronti delle dipendenti donne. Quando Bossi parla in dialetto non è solo per folklore, è una modalità di comunicazione fiduciaria fra quella parte del popolo padano preso dalla foga dell’arricchimento, spesso analfabeta di ritorno, che non vuole mediazioni di alcun tipo, ma solo il diritto di fare come gli pare. E non è un caso che fra gli elettori milanesi “doc” dell’on. Dell’Utri, nel Collegio del centro di Milano, ve ne siano tanti che hanno tranquillamente dichiarato di averlo votato ben sapendo tutto quello che si dice di questo celebre amico degli amici e braccio destro del presidente perché: “fa i fatti suoi ma ci permette di fare anche i nostri”, ossia la versione milanese del “mangia e fa mangiare” da sempre di successo fra l’elettorato controllato dalla mafia a Palermo. Rispetto all’immigrazione, questo fenomeno si traduce in poche cose semplici (come dicono i leghisti): gli immigrati non devono avere diritti, se non quello di lavorare duro ed essere pagati quanto e come vuole il padrone che già fa tanto a dargli il lavoro. La precarizzazione e l’accanimento contro i clandestini ha ovviamente un’unica conseguenza quella di accrescere il bacino dei potenziali neo-schiavi ancor più ricattabili. Come avevamo previsto già un anno fa, è infatti certo che con il governo Berlusconi questo bacino aumenterà, mentre resterà stabile o diminuirà l’area dei regolari più o meno sedentarizzati.
Per finire, c’è però un importantissimo insegnamento da trarre da queste briciole di analisi: la lotta contro il liberismo violento e razzista (si pensi a Ion Cazacu assassinato da un caporale che lavorava per i leghisti e per questo difeso da questi anche se “terrone”) non si fa con la sola mobilitazione degli immigrati ma con la mobilitazione continua di italiani e immigrati vittime delle economie sommerse liberiste. È infatti evidente che la maggioranza dei lavoratori al nero sono italiani. La condizione degli immigrati è certamente peggiore ed è rivelatrice della condizione di tutti quei lavoratori alla mercé del liberismo. Allora lottare per i diritti degli immigrati significa anche lottare per i diritti di tutti, anche dei clandestini. Come abbiamo fatto il 19 luglio a Genova, si tratta allora di affermare la piena volontà di praticare il dovere di asilo e la lotta per i diritti di cittadinanza per tutti, ed è anche su questo terreno che tante ONG sono chiamate a superare le loro ambiguità. Occorre costruire nel territorio, a livello di quartiere, la possibilità concreta di organizzare questa lotta di immigrati e italiani ,anche perché il liberismo sta diventando sempre più violento, mafioso e razzista, sia al nord che al sud e non si può attendere passivamente altre vittime come Ion Cazacu.
* Salvatore Palidda, Dal dossier n. 4 dell’agenzia Testimoni di GeNova
ph by Ares Ferrari, CC BY-SA 3.0 <http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/>, via Wikimedia Commons
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