Missioni militari e esternalizzazione delle frontiere, Italia sempre più in Africa

by Carlo Lania * | 4 Luglio 2021 19:33

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L’Italia si prepara ad aumentare il suo impegno militare ed economico in Africa. Lo fa incrementando ancora una volta i finanziamenti alla cosiddetta Guardia costiera libica alla quale, nonostante le ripetute violenze compiute contro i migranti, la delibera sulle missioni internazionali all’estero appena varata dal consiglio dei ministri destina mezzo milione di euro in più rispetto al 2020. Ma anche aumentando la presenza dei nostri soldati impegnati nel Sahel con la missione internazionale Takuba, missione che per l’anno in corso vede triplicare i finanziamenti che passano dai 15,6 milioni di euro del 2020 a quasi 49 milioni.

Ora la delibera passa all’esame delle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato dove in settimana sono attese le comunicazioni dei ministri Luigi Di Maio e Lorenzo Guerini. E’ chiaro però che, specie dopo le immagini della motovedetta libica che tre giorni fa ha sparato e cercato di speronare un barcone di migranti in acque internazionali, l’iter che l’attende sarà a dir poco burrascoso.

Al centro delle polemiche ci sono ovviamente i soldi destinati dal governo alla Guardia costiera di Tripoli che nella delibera non viene mai nominata preferendo definirla in maniera più asettica come le «Autorità libiche preposte al controllo dei confini marittimi». Alla missione nel Paese nordafricano sono destinati in tutto 10.479.140 euro, contro i dieci milioni dell’anno scorso. Inoltre dal primo giugno e fino alla fine dell’anno è assegnato un guardacoste classe Bigliani «corredato da sistema di videosorveglianza per la difesa passiva» insieme a tre auto blindate e a materiale di ricambio per le unità navali di Tripoli. Per quanto riguarda il personale è inoltre previsto l’impiego di 15 uomini della Guardia di Finanza per l’attività di assistenza tecnica, e di 25 addestratori, quest’ultimi per un periodo di sette mei a partire dallo scorso 1 giugno. Infine 9 paracadutisti del reggimento Tuscania si occuperanno della sicurezza dei nostri militari.

Ma l’impegno italiano nel continente africano va oltre la Libia. «Nel Sahel passa la frontiera sud dell’Unione europea», ha spiegato pochi giorni fa il ministro della Difesa Lorenzo Guerini assicurando che se i Paesi africani dovessero chiederlo, l’Italia sarebbe pronta a rafforzare la sua presenza militare: «Parlo di contrasto ai traffici illegali – ha aggiunto Guerini – in primis quello di esseri umani che si consolida sull’azione di organizzazioni criminali che hanno contiguità con il terrorismo».

La traduzione in fatti di questo impegno consiste anche nella missione Takuba presente in Mali, Niger, Burkina Faso, Mauritania e Chad e della quale fanno parte anche i francesi con l’Operation Barkane e le forze del G5 Sahel. L’Italia contribuisce con 250 uomini, 44 mezzi terrestri e 8 aerei per un costo complessivo di 48.928.885.

Già nei giorni scorsi a sinistra si è levata più di una voce per chiedere di interrompere i finanziamenti alla Marina libica. Le modifiche al Memorandum Italia-Libia, che dovrebbero garantire il rispetto dei diritti umani dei migranti da parte dei libici giustificando così i nuovi investimenti, sono ancora al palo nonostante l’impegno a concludere le trattative con Tripoli entro la fine del 2020. E comunque dopo le immagini della motovedetta che insegue il barcone dei migranti, appare davvero difficile fidarsi delle promesse libiche.

Nel frattempo la delibera agita il Pd. Domenica scorsa, in un’intervista al Domani, la presidente Valentina Cuppi ha chiesto di evitare che il finanziamento alla missione finisca con il coinvolgere anche la Guardia costiera. L’anno scorso, in un tentativo estremo di mediazione, la parte riguardante la Libia venne stralciata dalla delibera ma alla fine il Pd scelse di votarla lo stesso con l’eccezione di otto deputati che si opposero insieme ai sette di LeU, a cinque del Misto e a tre del M5S. Quest’anno si rischia di rivedere le stesse scene, anche se il segretario Letta sarebbe già al lavoro alla ricerca di una soluzione.

«Mentre lungo la rotta del Mediterraneo centrale si continua a morire – commenta Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia – il governo Draghi sta agendo in continuità con gli esecutivi precedenti sulle politiche migratorie. In sostanza si va avanti nella stessa direzione, in un Paese dove ‘l’industria del contrabbando e tratta’ è stata in parte convertita in ‘industria della detenzione’ con abusi e violenze oramai note a tutti, anche grazie a questo considerevole flusso di denaro».

 

* Fonte: Carlo Lania, il manifesto[1]

 

ph by 132CDC, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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