Delocalizzazioni. Gkn: prosegue il muro contro muro, schiaffo di Melrose al governo

by Riccardo Chiari * | 1 Settembre 2021 11:27

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All’incontro “tecnico” al ministero del lavoro il fondo finanziario inglese respinge la proposta della viceministra Todde e conferma la chiusura dello stabilimento di Campi Bisenzio. Fiom Fim e Uilm compatti: “Se non tolgono i licenziamenti la trattativa non parte”. E Michele De Palma (Fiom) avvisa l’esecutivo Draghi: “L’Italia deve decidere se vuole essere ancora un paese industriale”

FIRENZE. Muro contro muro. E uno schiaffo in faccia al governo. Dopo 27 giorni di silenzio, il fondo Melrose che controlla Gkn ha approfittato di un incontro “tecnico” convocato dal ministero del lavoro per respingere la proposta fatta dalla viceministra Todde il 4 agosto scorso. Porte chiuse dunque alle 13 settimane di cig ordinaria, gratis, in cambio del ritiro della procedura che porterà a 500 licenziamenti. E nessuna marcia indietro: lo stabilimento di Campi Bisenzio è stato chiuso e non riprenderà le produzioni di assi e semiassi per auto.

Fumata nera dunque. Così come aveva previsto la Fiom Cgil, che al termine della riunione fatta in remoto, nell’ambito della procedura amministrativa prevista dalla legge 223, ha ben fotografato la situazione: “La trattativa non è ancora realmente partita, perché l’azienda non ha tolto dal tavolo i licenziamenti come pregiudiziali a qualsiasi negoziato”.
Insieme a Fim e Uilm, convocate al pari della Regione Toscana e dello stesso ministero dello sviluppo economico, la Fiom era arrivata al tavolo confermando la strategia d’azione comune intrapresa subito dopo l’improvvisa chiusura dello stabilimento, il 9 luglio scorso, con un laconico messaggio inviato via pec ai 422 addetti diretti Gkn: “Abbiamo ribadito la richiesta di ritiro della procedura di licenziamento collettivo avviata dall’azienda – spiegano Michele De Palma e Andrea Calosi – e il conseguente utilizzo delle 13 settimane di cassa integrazione previste dall’avviso comune sottoscritto da Cgil, Cisl, Uil, dal governo e dalle parti datoriali”.
Rispetto alle “false indiscrezioni di stampa trapelate prima dell’incontro odierno e smentite da fonti governative”, i metalmeccanici della Cgil hanno puntualizzato: “La Fiom ribadisce che non accetterà nessuna soluzione che ruota intorno alla cassa integrazione per cessazione di attività, perché ci sono tutte le condizioni per la continuità produttiva e occupazionale”.
La proposta di una cig per cessazione di attività e non per crisi, probabilmente nel tentativo di dividere un fronte sindacale che invece si è mostrato compatto, è stata comunque fatta da Melrose-Gkn, che ha offerto “l’avvio di un processo di riconversione industriale del sito produttivo, mediante affidamento di un mandato specifico a un primario advisor, il tutto con l’obiettivo di salvaguardare per quanto più possibile i livelli occupazionali e la continuità retributiva”. Una formula che, solo per fare un esempio, i licenziati della vicina Bekaert di Figline Valdarno ben conoscono
In risposta la Fiom ha ricordato a Melrose-Gkn che di qui a pochi giorni (il 9 settembre) sarà un giudice del lavoro ad occuparsi del caso: “Al fine di rimuovere le pregiudiziali, e con l’obiettivo di riportare l’azienda al rispetto delle norme, accordi e avvisi comuni in un momento difficile per il nostro Paese, la Fiom ha presentato un articolo 28 per condotta antisindacale. Perché è necessario aprire un confronto urgente e libero, eliminando il ricatto occupazionale”.
Al termine della videoconferenza, i ministeri del lavoro e dello sviluppo economico si sono impegnati a riconvocare il tavolo, stavolta in presenza, e continuare la discussione. Ma la Uilm chiama l’intero governo a intervenire: “Solo una azione istituzionale forte può dare una svolta alla vertenza. Perché la disponibilità aziendale a fare ricorso alla cig per chiusura attesta che si persevera nella decisione di cessare l’attività, né il riferimento a possibili reindustrializzazioni ha alcun significato concreto, per la sua assoluta genericità e aleatorietà”. Chiama il governo all’azione anche De Palma, che guarda all’intero settore di cui è il responsabile per la Fiom: “L’Italia deve decidere se vuole essere ancora un paese industriale, che ha una sovranità economica attraverso l’industria. Da questo punto di vista l’automotive, come il militare, sono settori strategici”.

* Fonte: Riccardo Chiari, il manifesto[1]

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