Edifici scolastici: 450mila studenti vivono in classi fuorilegge

Edifici scolastici: 450mila studenti vivono in classi fuorilegge

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Il caso. Cittadinanzattiva: 16.909 aule insicure e invivibili, oltre la metà sono nelle superiori. E quasi il 60% delle scuole non è a norma. L’emergenza è stata creata dalla politica, non ha nulla di naturale. È la conseguenza diretta dei tagli imposti dalla legge Tremonti-Gelmini (2008-2010). Dopo l’Onda e il movimento del 2010, e quello contro la “Buona Scuola” di Renzi nel 2015, nessuno ha contestato questa situazione. E da qui che si potrebbe ricominciare

 

Dopo settimane di annunci sulla scuola fuori dalle righe, mentre i dettagli più significativi sul Pnrr continuano a latitare, il XIX Rapporto «Osservatorio civico sulla sicurezza a scuola» presentato ieri da Cittadinazattiva ha riportato alla realtà, e alla concretezza della politica, anche il «governo dei migliori». Nelle scuole italiane, soprattutto nelle superiori (il 55%), ci sono 458.664 mila studenti che vivono e studiano in 16.909 classi fuori legge perché ospitano più di 25 persone. E più della metà degli istituti è privo del certificato di agibilità statica (54%) e di quello di prevenzione incendi (59%); il 39% è senza collaudo statico. Il patrimonio scolastico è vetusto: ha un’età media di oltre 53 anni e, fino ad oggi, questa situazione non è mai stata presa seriamente da gran parte della politica a tutti i livelli istituzionali.

TUTTE LE PROMESSE dei governi sull’aumento degli spazi, per i quali è necessaria una nuova anagrafe dell’edilizia scolastica, sono state in larga parte tradite. A cominciare da quelle presentate con grande spolvero da Renzi quando era a palazzo Chigi per finire a quelle fatte dai due esecutivi (Conte 2 e Draghi) che fino ad ora hanno guidato il paese nella pandemia del Covid. Vivibilità, benessere, agio dello studio, il lavoro amministrativo e l’insegnamento dipendono anche dal modo in cui sono organizzati gli spazi, dalla loro sostenibilità energetica e dalla progettazione partecipata di chi li abita. Il piano di «ripresa e resilienza» (Pnrr) destina alla scuola 12,66 miliardi di euro, di cui 4,6 all’edilizia degli asili nido (e poco alle superiori), non aiuta.

È frammentato in diverse azioni e su più missioni. Esiste un rapporto squilibrato tra i progetti esistenti e quelli che verranno. Senza una vera anagrafe capace di censire le strutture non sarà nemmeno possibile monitorare la gestione dei fondi per gli asili nido. «Esiste il rischio di attingere frettolosamente su progetti senza una logica di insieme che porterebbero a interventi a macchia di leopardo» si legge nel rapporto. Se così fosse, bisognerebbe aspettare altri 50 anni per intervenire, di nuovo, su una minoranza di edifici scolastici. Questa situazione inaccettabile è una delle emergenze strutturali che non è stata affrontata nei primi 18 mesi della pandemia. Se qualcosa di serio sarà deciso, e non è detto, occorrerà aspettare il prossimo anno scolastico 2022-3.

CITTADINANZATTIVA ricostruisce la genesi di questa realtà e la storia che racconta è molto interessante. Il fenomeno delle «classi pollaio» sta aumentando in maniera ininterrotta a causa del governo Berlusconi, quello che tagliò 8 miliardi di euro alla scuola (dunque classi e cattedre) tra il 2008 e il 2010 con la legge Tremonti-Gelmini. Alla base del sovraffollamento delle aule c’è un «paradosso normativo»: da un lato, c’è una norma anti-incedio che vieta più di 25 alunni per classe e una che stabilisce un’altezza di 3 metri e uno spazio vitale da 1,80 mq e 1,96mq per studenti; dall’altro lato c’è un decreto del presidente della Repubblica del 2009, frutto del recepimento della legge Tremonti-Gelmini, che ha permesso di aumentare il numero degli studenti per classe fino a trenta nelle scuole superiori. Ed è proprio in queste scuole che oggi gli studenti vivono, in maggioranza, in classi fuori legge.

L’EMERGENZA non è dunque un fenomeno «naturale», ma la conseguenza diretta di una decisione politica mai, in realtà, contestata da nessun’altro dopo il movimento prima dell’Onda e poi da quello del 2010 in tutto il paese. E a piazza del Popolo a Roma. Da qui, undici anni dopo, si potrebbe ricominciare.

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25 è il numero massimo di studenti oltre il quale le classi sono considerate «sovraffollate». In questa situazione si trovano le superiori (7% del totale di oltre 369 mila). Le regioni più colpite sono: Lombardia (con 1889 classi), l’Emilia Romagna (1131), la Campania (1028).

195 saranno le scuole che il governo Draghi dice di volere costruire, con i soldi del Pnnr, «entro il 2026». Accoglieranno circa 58 mila studenti per una superficie complessiva di due miliardi e 400 milioni di metri quadri. Nel 2021 però oltre 450 mila studenti vivono nelle «classi pollaio»

17 mila scuole in zone ad elevata sismicità, 4 milioni e 300 mila studenti vivono in queste zone. Nelle zone terremotate nel 2016 sono in corso 433 interventi per 1,2 miliardi

Edifici vecchi, età media 53 anni. Secondo Cittadinanzattiva gli edifici scolastici in Italia hanno un’età media di 53 anni. L’associazione lamenta la «quasi totale assenza di fondi da parte dello stato per 20 anni» dopo il passaggio del patrimonio edilizio a comuni, province e città metropolitane. Poi c’è l’assenza o carenza di manutenzione per mancanza di fondi a causa del patto di stabilità. Criticata la «scarsa considerazione di gran parte dei rappresentanti istituzionali» sul problema.

35 crolli avvenuti in dieci mesi. tra il 2 ottobre 2020 ed il 4 agosto 2021 insieme a distacchi di intonaco, di finestre, muri di recinzione, alberi caduti in prossimità delle scuole e incendi. Di questi dieci sono avvenuti in Abruzzo, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna, 16 in Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Veneto, 9 nel Lazio, e in Toscana). 4 i feriti. Tragedie evitate grazie alla Dad. Dal 2013 i crolli censiti sono stati 361, i feriti 63.

Asili nido in crescita ma lontani dall’Ue. Nel 75% dei casi i Comuni nel corso del 2021 hanno garantito il pieno funzionamento degli asili nido, come nel periodo pre covid. Tra le eccezioni, la Campania in cui solo nel 38% dei casi si è riusciti a garantire il servizio (in 9 casi esso è stato addirittura sospeso) e la Puglia, nel 45% dei nidi. L’offerta è in parte cresciuta: dai 22,5 posti nel 2013 ogni 100 bambini con meno di 3 anni fino ai 25,5 del 2018/19. Siamo ancora lontani dagli obiettivi europei di 33 posti ogni 100 bambini.

Bianchi contestato sulle mascherine. In classe senza mascherina con gli studenti immunizzati, «non è un azzardo ma un obiettivo» ha sostenuto ieri il ministro Patrizio Bianchi. Per il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta è rischioso perché «non ci sono evidenze scientifiche». Per la Flc Cgil fin’ora non si è discusso veramente di sicurezza, classi pollaio trasporti e screening e chiede un confronto tra sindacati e governo sul protocollo sicurezza «disapplicato».

Protezioni, privacy a rischio a Trento. Il Garante dei diritti dei minori di Trento Fabio Biasi ha espresso «viva preoccupazione» per le «segnalazioni di genitori, con figli minori non vaccinati sull’uso della mascherina. Ai dirigenti ha chiesto di adottare misure per garantire il rispetto della privacy e evitare la discriminazione tra alunni. «Ogni richiesta di conoscere lo stato vaccinale degli alunni è illegittima». Si rischia di determinare disagio, umiliazione e perfino bullismo».

Gimbe: Obiettivo 100% in presenza a rischio. Per il Gimbe si rischia di minimizzare il rischio della circolazione del Covid nelle scuole. I vaccini per gli under 12 anni non sono disponibili, per gli over 12 anni la copertura ha nette differenze regionali. Le mascherine si usano solo dalla scuola elementare in poi, manca uno screening sistematico e il distanziamento è subordinato agli aspetti logistici mentre mancano interventi strutturali su aerazione, ventilazione e trasporti. È una strategia «molto rischiosa puntare esclusivamente sulla vaccinazione del personale scolastico e degli studenti over 12». Anche per questo l’obiettivo del 100% di scuola in presenza è a rischio.

Solo il 6,1% del personale non è vaccinato. Il Report Gimbe sulla Sicurezza nelle scuole, illustrato ieri da Nino Cartabellotta durante la presentazione del rapporto di Cittadinanzattiva, sostiene che i non vaccinati tra il personale scolastico è pari al 6,1%. A Bolzano è il 21,2%, a Trento il 18%, Valle d’Aosta, Piemonte, Sicilia, Basilicata 10,9%, Lombardia 10,5%, Umbria, Liguria, Puglia, Sardegna 5%, Emilia Romagna, Veneto e Marche 3%. In sette regioni – Lazio, Friuli Venezia Giulia, Molise, Abruzzo, Campania, Toscana e Calabria – il 100% del personale risulta aver concluso la vaccinazione.

* Fonte: Roberto Ciccarelli, il manifesto



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