Pandemia. Il G20 salute si chiude con le parole vuote del «Patto di Roma»

Pandemia. Il G20 salute si chiude con le parole vuote del «Patto di Roma»

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Campidoglio. Dichiarazioni generiche, principi e aspirazioni peraltro smentiti dalla realtà. Paesi contrapposti sulla proprietà intellettuale dei vaccini e sull’immunizzazione globale

La strada dell’inferno, si sa, è lastricata di buone intenzioni. E di buone intenzioni è infarcito anche il cosiddetto «Patto di Roma», il documento finale che chiude la nuova tappa del G20 riunito per la Ministeriale Salute il 5 e 6 settembre al Campidoglio. Il testo del Patto, quasi un albero di Natale carico di palle declamatorie – principi e aspirazioni peraltro smentiti dalla realtà, in una gestione globale della pandemia che di fatto continua ad allargare la forbice tra Paesi ricchi e a basso reddito – è un garbuglio di dichiarazioni generiche, soprattutto nella prima parte diagnostica, in cui i Paesi del G20, come dire, promettono tutto, si impegnano a fare di tutto. Il documento, va detto, è condito con una certa astuzia.

Gli estensori non hanno trascurato i riferimenti che servono a tranquillizzare la società civile: dal cenno all’approccio di genere alla duplice menzione del diritto alla salute, dal ruolo del personale sanitario all’accenno piuttosto ardito al quarantesimo anniversario del codice di condotta sull’allattamento al seno. E poi torna più volte il richiamo all’approccio One Health, quello che lega a doppio filo la salute umana a quella animale e planetaria. Insomma, ci sono diverse cose condivisibili. Ma sono specchietti per le allodole. Sarebbe un errore farsi abbagliare.

L’ASTRAZIONE delle enunciazioni rafforza il senso di una ministeriale debole, del tutto sconnessa dalle altre linee di azione del G20, e priva di una strategia operativa, perché sostanzialmente priva di un mandato. Il passaggio dei ministri della salute del G20 ha un duplice intento, in questo 2021 non certo scarno di eventi dedicati alla agenda sanitaria. Punta a confermare il senso di rotta segnato dal vero appuntamento strategico del G20 a presidenza italiana su questa materia, il summit sulla salute globale tenutosi a Roma il 21 maggio alla presenza della leadership politica globale che conta, compresa quella del settore privato – con tanto di Bill Gates e case farmaceutiche. E punta a preparare il terreno delle decisioni importanti sulla salute alla sessione congiunta salute-finanze che l’Italia sta apparecchiando per la fine di ottobre.

Lo rivendica il ministero della Salute, scrivendo sul sito che sarà quella la sede «per affrontare in particolare la questione fondamentale di come migliorare l’architettura globale della sanità, con al centro l’Oms, e assicurarle un maggior sostegno finanziario con l’obiettivo di superare in modo definitivo l’attuale pandemia e creare le premesse per affrontare al meglio quelle del futuro».

SARANNO DUNQUE le finanze a sancire le priorità sanitarie da sostenere, in uno schema di gioco che rischia di ripetere quanto abbiamo già visto in passato. Uno studio globale della Initiative for Policy Dialogue della Columbia University segnalava ad aprile uno tsunami di politiche di austerity in arrivo. Il messaggio era confermato subito dopo dalle analisi proiettive del Fondo Monetario Internazionale (Fmi). Queste registrano l’introduzione di misure di austerity in 159 Paesi entro il 2022 – una pandemia finanziaria che si abbatte su 6,6 miliardi di persone, l’85% della popolazione mondiale, e con una tendenza patologia destinata a durare fino al 2025.

IL MINISTRO SPERANZA ha dichiarato che il Patto di Roma «manda un messaggio fortissimo al mondo», che «il globo è unito». La ministeriale salute in realtà ha rivelato – secondo alcune fonti e anche nella dinamica del suo svolgimento ai Musei Capitolini – tensioni profonde in seno al G20, visioni divergenti su come affrontare le questioni più scabrose della emergenza sanitaria. La seconda giornata, dedicata al tema dell’accesso equo ai rimedi anti Covid-19, ha registrato la contrapposizione tra i Paesi che si ostinavano a ribadire l’importanza della sospensione temporanea dei diritti di proprietà intellettuale – il G20 accoglie India e Sudafrica, promotori della concretissima misura di policy prevista dal diritto internazionale – e coloro che semplicemente glissavano sapendo di avere il coltello degli accaparramenti vaccinali dalla parte del manico. Fatto sta che anche questa volta il documento del G20 non fa il minimo cenno a questa proposta sostenuta da oltre cento Paesi del Wto.

Il Patto di Roma cita un vago impegno di invio dei vaccini e di supporto finanziario alle iniziative internazionali Covax e Act-A, parla della necessità di diversificare e di rafforzare le produzioni di prodotti medicali nel sud del mondo, di abbattere gli ostacoli commerciali e doganali. Tutto questo avverrà attraverso un meccanismo di spinta pubblica al trasferimento di tecnologie sulla base di licenze volontarie delle case farmaceutiche, uno scenario che si sta dinamizzando con retroscena assurdi. Solo alla vigilia del G20 Salute, Ursula von der Leyen ha accettato di rimandare in Africa milioni di dosi di vaccini anti-Covid prodotti dalla joint venture di Johnson & Johnson e la sudafricana Aspen Pharmacare, che erano stati esportati in Europa, come raccontato a metà agosto dal New York Times.

INTANTO SI FA strada la proposta americana del Fondo Globale contro le minacce sanitarie (Health Threats Fund), a venti anni dal G8 di Genova in cui fu lanciato il Fondo Globale contro Aids tubercolosi e malaria. Ha ragione David Quammen quando scrive che non eravamo preparati alla pandemia per mancanza di immaginazione. Se andiamo avanti così, però, non è ci ritroveremo in una posizione migliore. Resta solo l’albero di Natale.

* Fonte: Nicoletta Dentico, il manifesto



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