Referendum per la cannabis legale, ultime ore

Referendum per la cannabis legale, ultime ore

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Il Consiglio dei ministri decide oggi sul termine ultimo di consegna delle 600 mila firme. Domani mattina l’appuntamento con la Cassazione, in attesa della Gazzetta ufficiale

«Il referendum sulla cannabis ha raggiunto le 500 mila firme necessarie. I certificati elettorali stanno iniziando ad arrivare ma troppo lentamente per pensare di averli tutti per il 30 settembre, ultimo giorno utile. Il Governo deve intervenire tempestivamente per prorogare i termini fino al 31 ottobre. Non possiamo permettere assolutamente che la burocrazia blocchi la volontà popolare». È il pentastellato Giuseppe Brescia, a parlare, presidente della commissione Affari costituzionali della Camera. Non è questione che si può risolvere subito in parlamento, questa. E neppure, a dire il vero, possono farlo ormai i Comuni, che pure allo stato attuale sono (non tutti) inadempienti rispetto all’obbligo di rispondere entro le 48 ore alla richiesta di certificazione delle firme inviate dal comitato promotore il 22 settembre scorso. Solo il Consiglio dei ministri che si riunirà oggi, a questo punto, può salvare l’esercizio di democrazia partecipativa rappresentato dal referendum sulla depenalizzazione dei reati connessi al possesso di cannabis che è stato sottoscritto da oltre 600 mila persone in poco più di una settimana.

NON È PIÙ UNA QUESTIONE tecnica, è una scelta politica. E che quella valanga di firme non sia paragonabile solo a facili like, lo dice il flop del referendum per l’abolizione della caccia che pure aveva messo on line i suoi “banchetti” – in un web che più animalista di così non si ricorda – e che si è fermato invece a 31.219 sottoscrizioni.

In attesa della riunione governativa di questa mattina, ieri sera si sono riuniti in piazza, davanti a Montecitorio, i rappresentanti delle organizzazioni che hanno promosso un referendum davvero da primato – le associazioni Luca Coscioni, Meglio Legale, Forum Droghe, Società della Ragione, Antigone e i partiti +Europa, Possibile, Radicali italiani, Potere al Popolo e Rifondazione Comunista – e che da domenica hanno intrapreso uno sciopero della fame a staffetta sostenuto da alcune centinaia di persone. Pronti a passare anche la notte davanti alla Camera dei deputati. Ma, a sera, la notizia che nell’ordine del giorno del Consiglio dei ministri è entrata una bozza di decreto che proroga le scadenze anche per i referendum presentati dopo il 15 giugno, inebria la cinquantina di manifestanti. Applausi e grida di giubilo. Ma anche prudenza, però, perché i tempi sono ancora sul filo del rasoio. E finché il decreto non compare in Gazzetta ufficiale non è applicabile.

Andiamo per ordine. Anche a Bologna ieri c’è stata una manifestazione proprio dentro il cortile di Palazzo D’Accursio per sollecitare l’amministrazione comunale a rispettare la volontà di circa 10 mila cittadini bolognesi che hanno firmato. La città delle Due Torri infatti è uno dei 1400 comuni che fino a venerdì scorso non avevano ancora provveduto agli obblighi di legge. D’altronde la valanga di firme arrivate in un lasso di tempo così breve – che ha sorpreso perfino gli stessi promotori – costituisce un carico notevole di lavoro per amministrazioni già in sofferenza, in regime di smartworking da pandemia e con le imminenti elezioni amministrative. A sottolinearlo, ieri, è stata anche l’Fp Cgil che, pur salutando la firma digitale come «un’importante e positiva innovazione che prefigura nuove e più partecipate modalità di rapporto tra i cittadini e la politica», denuncia le «gravissime carenze di organico che si registrano» negli uffici comunali e «un diffuso sotto inquadramento del personale dedicato alle funzioni elettorali».

DAL 25 SETTEMBRE, però, dopo la diffida del comitato promotore ai Comuni inadempienti, e dopo la sollecitazione scritta inviata dal presidente dell’Anci e sindaco di Bari, Antonio Decaro, ai suoi consociati, qualcosa si è mosso. Ieri sera, erano state abbinate 340 mila firme ai relativi certificati comunali. Manca poco. Ma il tempo è ormai finito, a differenza di altri quesiti referendari presentati prima del 15 giugno – compreso quello sull’eutanasia legale – che hanno avuto una proroga fino al 31 ottobre. Anche il Comune di Firenze si è unito alla richiesta di Riccardo Magi (+Europa), Marco Perduca (Ass. Coscioni) e Antonella Soldo (Meglio Legale) che insieme agli altri promotori hanno fatto appello al presidente della Repubblica e al premier Draghi. In ultima analisi, sono comunque pronti a consegnare, domani mattina, in Cassazione tutto il materiale pervenuto, insieme alle 600 mila firme, e a chiedere alla Corte un “verbale aperto”, ossia la modalità che prevede 30 giorni per contestare ai promotori le “irregolarità” e altri 20 giorni per sanarle.

È un’opzione ancora valida, anche se sembra – questa mattina ne avremo la conferma, dopo il Cdm – che anche quest’ultima battaglia sia stata vinta. Il comitato «Cannabis legale» chiederà alla Cassazione di poter consegnare tutto solo nel tardo pomeriggio, in modo da poter aspettare la pubblicazione in Gazzetta. Solo allora si potrà rinviare la consegna delle firme al 31 ottobre. Intanto però lo sciopero della fame non può essere interrotto: «È un passo molto importante – ha commentato Marco Cappato,- attendiamo con fiducia la decisione del Cdm: in questo modo il governo italiano non farebbe un favore al referendum cannabis ma difenderebbe l’istituto referendario e il diritto delle persone a esprimersi sul tema».

* Fonte: Eleonora Martini, il manifesto

 

Foto: Fuoriluogo.it



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