G20. Un vertice tardivo e diviso nella rincorsa della pandemia

by Nicoletta Dentico * | 30 Ottobre 2021 10:03

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Il commento. Riproposte, allargate, le stesse linee di frattura della comunità internazionale: trovare un punto di intesa Usa – Cina e l’imprevedibile ruolo del Brasile, con Bolsonaro ora incriminato

 

Ci arriva con il fiato corto, il G20 a presidenza italiana, al summit dei capi di Stato e di governo che si tiene a Roma oggi 30 e domani 31 ottobre, alla Nuvola (quartiere Eur), tra chiusure del traffico e aperture di zone rosse. Ci arriva stremato dalle divisioni interne, imbrigliato nel tentativo affannoso di concordare un comunicato ufficiale, a poche ore dalla foto di gruppo che inaugura il vertice.
Ci arriva, una proposta dopo l’altra.

Con la disperazione della presidenza italiana che non sa più che cosa inventarsi per dar l’idea di aver lasciato un segno con qualche cosa di spendibile. Sono settimane incandescenti per la definizione dei futuri scenari della salute globale pandemica. La partita si gioca su più tavoli, soprattutto a Ginevra.

All’Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc), dove non si sono mai interrotti i negoziati per trovare una mediazione sulla proposta di sospensione dei diritti di proprietà intellettuale (TRIPS Waiver), in vista della dodicesima ministeriale di fine novembre. E all’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), dove pure c’è una certa fibrillazione: da un paio di settimane si sono accesi i motori della diplomazia sulla proposta di un trattato pandemico, sospinto dall’Unione Europea, con l’intento di definire regole vincolanti per rispondere alle pandemie del futuro.

Per discutere la questione si terrà una sessione speciale della Assemblea mondiale della sanità a fine di novembre, di fatto in concomitanza con la sessione ministeriale dell’Omc. Si tratta di percorsi diplomatici ad alta intensità e interazione: analisti molto accreditati ritengono infatti che gli slanci della Ue a favore del trattato pandemico siano una poco convincente mossa diversiva rispetto alla sospensione della proprietà intellettuale che Bruxelles continua ostinatamente a bloccare all’Omc.

Molte aspettative erano state riposte sul G20 per dipanare la matassa delle questioni sanitarie più intrattabili legate a COVID-19: distribuzione dei vaccini e TRIPS Waiver in testa. Il G20 si presenta come un forum ristretto e dunque più agile, meno burocratico delle istituzioni internazionali in oggettivo affanno. La speranza era che, nella interazione tra pochi governi, si potessero recidere i nodi gordiani che dall’inizio della crisi pandemica mettono a dura prova il multilateralismo, impreparato ad affrontare l’arrivo del virus, e oggi incapace di trovare una convergenza almeno sul terreno dell’emergenza sanitaria.

Alla vigilia del Vertice del G20 di Roma possiamo dire che queste aspettative sono state largamente sopravvalutate. Il G20 ripropone al suo interno le stesse linee di frattura che insidiano la comunità internazionale in versione allargata, nella inevitabile difficoltà della presidenza italiana di identificare un punto di intesa tra Stati Uniti e Cina – quest’ultima parteciperà a Roma con il suo ministro degli esteri – e con il ruolo imprevedibile del Brasile, il cui presidente è sotto inchiesta per «crimini contro l’umanità» nella gestione della pandemia, che ha causato 600.000 morti

La crisi sanitaria persiste – SARS-CoV-2 insidia la Russia e i paesi dell’Europa orientale – e persiste anche l’apartheid dei vaccini. Anzi, si aggrava. Nel briefing di ieri la responsabile scientifica dell’Oms Soumya Swaminathan ha spiegato come il numero delle terze dosi somministrate nel mondo – circa un milione al giorno – sia tre volte superiore ai vaccini iniettati nei paesi a basso reddito (circa 330.000 dosi al giorno).

Su questo fronte, il vertice del G20 intende ribadire l’obiettivo, già sancito dall’Oms e dai ministri del G20 salute a settembre, di vaccinare il 40% della popolazione mondiale entro la fine del 2021 e conseguire il 70% di immunizzazione entro la metà del 2022. Per come stanno le cose, con solo il 9% delle donazioni del G7 erogate (stando ai dati della scorsa settimana) e solo 406 milioni di vaccini distribuiti da COVAX a 144 paesi (al 25 ottobre), la dichiarazione ha tutti i tratti della presa in giro.

La presidenza italiana del G20, con prodigo impegno, aveva estratto dal cilindro la proposta di un Global Health and Finance Board come strumento per affrontare la crisi. L’idea, promossa da Mario Monti (in veste di presidente della Commissione paneuropea su salute e sviluppo sostenibile), rispondeva all’esigenza di produrre «un urgente cambiamento della governance globale della salute», nelle parole di Monti, con la stesura di un trattato internazionale sulle pandemie, il rafforzamento delle partnership tra pubblico e privato nei sistemi sanitari nazionali, e un programma di vaccinazione globale.

Il Global Health and Financial Board aveva l’obiettivo di mobilitare i fondi tra gli Stati parte per finanziare la risposta alla diffusione di nuovi contagi attraverso, anche, un sistema di tassazione globale per la salute. La nozione di questo Board, che ha suscitato estrema preoccupazione fra gli esponenti del C20 (la società civile impegnata con il G20) per il rischio di fagocitazione del ruolo dell’Oms, si è incagliata nella opposizione di Cina, Brasile e Russia. Mentre scriviamo, gli sherpa lavorano a una versione più leggera. Una workforce: tanto per gradire.
C’è molta confusione sotto questo cielo, insomma. E nei prossimi due giorni, la Nuvola non riuscirà ad avvolgere e coprire i «bla bla bla» della comunità internazionale sulle vie d’uscita dalla pandemia.

* Fonte: Nicoletta Dentico, il manifesto[1]

 

 

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