Pensioni: solo 10mila uscite con Quota 102 e 104

by Mario Pierro * | 24 Ottobre 2021 9:58

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Il caso. Un’analisi dell’osservatorio Previdenza della Fondazione Di Vittorio e della Cgil Nazionale: «La proposta di ‘Quota 102 e 104’, se fosse confermata dal governo, sarebbe una misura inutile. Non serve rendere più graduale l’uscita da “Quota 100” ma riformare il sistema

Sulle pensioni quota 102 o 104 è inutile. Serve una riforma di sistema che metta fine all’intervento voluto dal governo Monti che porta il nome dell’allora ministra del lavoro Elsa Fornero e disponga una flessibilità in uscita per tutti dopo 62 anni di età o 41 anni di contributi. Dovrebbero essere inoltre previsti interventi che tengano conto della specifica condizione delle donne, dei lavoratori disoccupati, discontinui e precoci, dei lavoratori gravosi o usuranti. Infine andrebbe istituita una pensione contributiva di garanzia per i più giovani che con ogni probabilità sconteranno tra 20 o 30 anni ciò che i governi neoliberali hanno progettato oggi: assegni da fame con l’obbligo (per chi sarà in grado) di lavorare fino a oltre 70 anni. È su queste basi che ieri la Cgil ha diffuso uno studio rivelatore sul reale contenuto della commedia fatta dalla Lega per difendere la sua bandierina elettorale.

UN’ANALISI dell’osservatorio Previdenza della Fondazione Di Vittorio e della Cgil Nazionale sostiene le ipotesi di cui si sta discutendo dopo la fine di «Quota 100» istituita dal governo pentaleghista a guida Conte, le ‘Quote 102 e 104’ tra il 2022 e il 2023 coinvolgerebbero a stento solo 10 mila persone. «Dai nostri studi – afferma Ezio Cigna, responsabile Previdenza pubblica Cgil – sarebbero 8.524 le persone coinvolte nel 2022 e 1.924 nel 2023, visto che molti dei soggetti che potrebbero perfezionare ‘Quota 102’ nel 2022 e ‘Quota 104’ nel 2023 hanno già il maturato il requisito di “Quota 100” al 31 dicembre 2021». «Nel 2022 potrebbero accedere a ‘Quota 102’ solo le persone con almeno 64 di età, ossia chi è nato dal 1956 al 1958 e con 38 anni di contributi, non un contributo in più altrimenti avrebbero maturato “Quota 100”, non un contributo in meno altrimenti non raggiungerebbero il requisito contributivo, essendo “Quota 102” una misura della durata di un solo anno». «Nel 2023 – prosegue Cigna – potrebbero utilizzare “Quota 104” esclusivamente le persone che avranno 66 anni di età, cioè nate nel solo 1957 e con 38 anni di contributi, e che non avevano maturato tale requisito nel 2021 così da poter usufruire di “Quota 100″». Resterebbero ancora esclusi i lavoratori nati nel 1960, anche con 41 anni di contributi, che non avevano 62 anni nel 2021 per usufruire di Quota 100 e non ne avranno 64 l’anno prossimo. Rischiano di fare la rincorsa che dovettero fare le donne del 1953, beffate dalla riforma Fornero con sei anni di lavoro in più per la pensione di vecchiaia rispetto a quelle del 1951. Il segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli ha chiesto al governo un incontro e la disponibilità ad aumentare «sensibilmente» i 602 milioni di risorse previste per il prossimo anno per la previdenza.
PER ORA non c’è ancora chiarezza sugli interventi del governo. Insieme a Quota 102-104 per andare rapidamente verso l’uscita prevista dalla legge Fornero (67 anni per la vecchiaia o 42 anni e 10 mesi di contributi ai quali vanno aggiunti tre mesi di finestra mobile) dovrebbe esserci la proroga e il rafforzamento dell’Ape sociale. Per questa misura solo una parte delle risorse della manovra andranno investite nella previdenza (quelle per l’accesso alla pensione dei precoci) mentre quelle per l’indennità per i disoccupati e i gravosi dovrebbero essere previste nell’annunciata riforma degli ammortizzatori sociali.

SALVINI ieri ha detto di avere scritto a Draghi chiedendogli un incontro: «Se non vuoi chiamarla quota 100 va bene, l’importante è che dal primo gennaio non ci siano scalini o scaloni o riavvicinamenti alla Fornero. Leggere di tre o cinque anni di scaloni dal 2022 in avanti non è assolutamente utile. Perché sarebbe un errore rifinanziare il reddito di cittadinanza e tagliare le pensioni».

* Fonte: Mario Pierro, il manifesto[1]

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