Polonia. La Consulta di Varsavia si ribella alla Ue: prevale la legge nazionale

Polonia. La Consulta di Varsavia si ribella alla Ue: prevale la legge nazionale

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Scenario da Polexit. «Gli organi europei operano oltre le competenze affidategli dalla Repubblica di Polonia». Con questo verdetto non viene soltanto sancita la superiorità di una legge nazionale sulle norme comunitarie, ma anche i pronunciamenti stessi della Corte di giustizia dell’Ue vengono considerati una forma di interferenza

VARSAVIA. Il Tribunale costituzionale sospinge Varsavia verso una possibile «Polexit». La sentenza di ieri, pronunciata dalla corte presieduta da Julia Przyłębska, una fedelissima di Jaroaw Kaczyński, numero uno del partito della destra populista di Diritto e giustizia (Pis), non lascia spazio a dubbi: «Gli organi Ue operano oltre le competenze affidategli dalla Repubblica di Polonia». Con questo verdetto, non viene soltanto sancita la superiorità di una legge nazionale sulle norme comunitarie, ma anche i pronunciamenti stessi della Corte di giustizia dell’Ue vengono considerati una forma di interferenza.

«Mi auguro che il verdetto del Tribunale costituzionale venga rispettato dalla corte Ue e dalla Commissione europea per mettere fine a ogni ingerenza esterna nel sistema giuridico polacco», ha commentato in un tweet l’ex prima ministra polacca Beata Szydło, espressione del Pis. Era stato proprio il suo successore, Mateusz Morawiecki, ad aprire il vaso di Pandora a marzo scorso, chiedendo al Tribunale costituzionale di verificare se alcune leggi dell’Ue non fossero in contrasto con quanto previsto dalla costituzione. Anche questa volta il tribunale Ue aveva bruciato il governo polacco sui tempi: nella mattinata di mercoledì infatti l’organo con sede in Lussemburgo si era pronunciato negativamente sul «caso Żurek», un giudice cracoviano ed ex-portavoce dell’ormai politicizzato Consiglio nazionale della magistratura (Krs), riassegnato ad un altro ufficio senza aver dato il proprio consenso.

Un verdetto antisovranista sarebbe potuto essere utilizzato come merce di scambio con Bruxelles per convincere l’Ue ad accettare senza troppe discussioni il piano di ripresa preparato da Varsavia per sbloccare il grosso dei fondi di Next Generation Eu destinati alla Polonia. E non si tratta dei bruscolini negati ad alcuni comuni dichiaratisi «zone libere da Lgbt» nell’estate del 2020 su iniziativa della Commissaria europea all’Uguaglianza Helena Dalli.

Poco importa che Varsavia abbia accettato a suo tempo le regole del gioco comunitario ratificando il Trattato di Lisbona. Il Pis ha costruito la propria narrazione sovranista su un falso problema: la tesi della superiorità del diritto Ue sulla Costituzione polacca che Bruxelles vorrebbe imporre con la forza a Varsavia. In effetti le istituzione europee non hanno mai messo in dubbio la supremazia della costituzione polacca sul diritto comunitario ma continuano a criticare il funzionamento degli organi giuridici polacchi influenzati o indirettamente controllati dal potere politico. «Non si può essere un stato membro senza rispettare i principi fondamentali dell’Ue», ha dichiarato Borys Budka, deputato dei proeuropeisti di Piattaforma civica (Po).

* Fonte: Giuseppe Sedia, il manifesto



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