Favorito per l’Interpol un generale degli Emirati accusato di tortura

by Anna Maria Merlo * | 23 Novembre 2021 9:51

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Gli Emirati lo sostengono a colpi di finanziamenti. Delle ong, tra cui il Gulf Centre for Human Rights e Human Rights Watch, accusano il generale di aver promosso la pratica della tortura nelle carceri degli Emirati

 

Un generale accusato di tortura alla testa di Interpol? Ahmed Naser al-Raisi, alto graduato del ministero degli Interni degli Emirati arabi uniti, è favorito per essere nominato alla presidenza dell’organizzazione internazionale di polizia all’assemblea generale che si tiene da oggi a giovedì a Istanbul.

Al-Raisi, che ha alle spalle una carriera di più di 40 anni a Abu Dhabi, come rappresentante dell’Asia dal 2018 è già membro del comitato esecutivo di Interpol, che ha sede a Lione. Contro di lui, all’ultimo momento si è candidata Sarka Haurankova, della Repubblica ceca, vice-presidente di Interpol per l’Europa.

L’opposizione alla nomina di al-Raisi si è organizzata in Europa. A giugno, 35 parlamentari francesi hanno scritto a Macron per chiedere di opporsi a questa promozione. A novembre, dei parlamentari tedeschi hanno espresso «profonda preoccupazione».

A settembre, ci sono state tre denunce in Francia contro al-Raisi, possibili grazie alla competenza universale della giustizia francese. Delle ong, tra cui il Gulf Centre for Human Rights e Human Rights Watch, accusano il generale di aver promosso la pratica della tortura nelle carceri degli Emirati. In particolare, due denunce riguardano gli «atti di barbarie» commessi contro il blogger e poeta Ahmed Mansur, condannato negli Emirati nel 2018 a dieci anni di carcere e da allora tenuto in isolamento. C’è anche una denuncia presentata in Gran Bretagna, che riguarda Matthew Hedges, un dottorando inglese arrestato nel 2018 all’aeroporto di Dubai e condannato all’ergastolo negli Emirati come spia. Un’ultima denuncia è stata presentata recentemente da avvocati francesi in Turchia, nella speranza di bloccare la nomina.

Gli Emirati sostengono la promozione di Ahmed Naser al-Raisi a colpi di finanziamenti: nel 2017, Abu Dhabi ha fatto una donazione-record di 50 milioni di euro a Interpol, per sedurre i 194 stati membri. Le ong francesi temono che Macron temporeggi: il presidente ha in programma un viaggio negli Emirati a dicembre e Abu Dhabi è tra i principali clienti di armamenti made in France. Gli Emirati, inoltre, sono al centro di scandali internazionali di intercettazioni, sono stati tra i maggiori utilizzatori di Pegasus, il software israeliano utilizzato per spiare giornalisti, militanti e anche politici, un caso esploso qualche mese fa.
Interpol, l’organizzazione internazionale nata nel 1923 per mettere in relazione le polizie del mondo, non è sempre stata al di sopra di ogni sospetto. Nel passato ha dovuto far fronte ad accuse di essere uno strumento usato da alcuni stati membri per arrestare degli oppositori politici nel mondo, anche se l’articolo 3 del suo statuto promette «stretta neutralità».

Il penultimo presidente di Interpol, il cinese Meng Hongwei, è sparito da Lione nel 2018, poi ricomparso in Cina dove è stato condannato nel 2020 a 13 anni di carcere per corruzione. La moglie Grace, che ha ottenuto l’asilo politico in Francia, ha chiesto a Interpol di indagare sulla sua sorte, per sapere se è ancora in vita.

* Fonte: Anna Maria Merlo, il manifesto[1]

 

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