IRPEF. Cgil: «Le briciole dal governo a chi non arriva a fine mese»
Cgil: un’analisi della riforma fiscale smentisce le stime fuorvianti apparse sui media nazionali. “Si dà di più a chi ha di più e di meno a chi ha di meno”. Penalizzato l’85% dei lavoratori e pensionati che ha un reddito sotto i 40 mila euro. Una denuncia della “legge del dare” enunciata in un ormai famoso brocardo da Mario Draghi
Il governo Draghi è inchiodato a una riforma fiscale regressiva. Dopo lo studio dell’Ufficio parlamentare di bilancio (ne abbiamo parlato su il Manifesto del 28 dicembre) ieri la Funzione Pubblica (Fp) della Cgil e la Cgil nazionale ha pubblicato una nuova analisi che smentisce le simulazioni fuorvianti fatte pubblicare dal governo sugli stessi giornali che si sono scagliati con livore accusando di lesa maestà lo sciopero generale di Cgil e Uil che ha contestato un’operazione iniqua che dà di più a chi ha di più e meno a chi ha di meno.
LO STUDIO contempla sia la prospettata riforma Irpef che misure come la decontribuzione temporanea nel solo 2022 e assegno unico per figli fino ai 21 anni, in pratica quasi tutta la politica sociale e dei redditi degli ultimi due governo, quello Draghi e quello Conte 2. I risultati smentiscono chiaramente gli annunci su una presunta redistribuzione in nome della quale si è speso il presidente del Consiglio Mario Draghi (l’ormai famoso brocardo: «È tempo di dare, non di prendere». È proprio il concetto di «dare» che andrebbe rivisto, e in maniera radicale.
PRIMO PASSAGGIO: smentire l’effetto cumulativo dei benefici delle operazioni fatte prima da Renzi e poi da Gualtieri quando faceva il ministro dell’economia di Conte con l’attuale diminuzione delle aliquote dell’Irpef da quattro a tre. Questo, infatti, ha sostenuto il governo sui giornali. «Il bonus netto di 100 euro per redditi fino a 28 mila euro, da gennaio 2022 sarà fruito solo dai redditi inferiori ai 15 mila e il nuovo sistema di aliquote e detrazioni non riuscirà a compensare questa perdita. Di conseguenza, i benefici antecedenti non verrebbero oggi a sommarsi con l’attuale riforma, ma sparirebbero» sostengono – sostengono la Fp e la Cgil. La somma di interventi molto diversi è stata fatta per intossicare l’opinione pubblica, in particolare sui benefici per famiglie mono o bireddito con o senza figli. Aggiungere alla riforma Irpef quella dell’«Assegno Unico Universale» significa confondere destinatari diversi, tipologie di interventi fiscali con quelli sociali e criteri di erogazione differenti come il reddito personale con il reddito Isee familiare. «Non è un caso – evidenzia la Cgil- che la gran parte delle simulazioni ipotizzi nuclei monoreddito, gli unici che si possono prestare, in parte, ad analisi combinate». «Non è opinabile che rispetto al 2021 l’intervento sull’Irpef fornisce vantaggi inferiori ai redditi più bassi, solo in parte mitigati da una decontribuzione temporanea, così come è certo che la platea potenziale dei cosiddetti “perdenti” nel passaggio all’Assegno Unico è composta da oltre un milione di nuclei, tutti caratterizzati dalla presenza di reddito da lavoro dipendente saranno indennizzate al 100% per un solo anno, e non per tutti». Ed è così che si scopre anche un incredibile pasticcio, già denunciato dalla Uil, sulla misura brandita da tutte le forze politiche del Draghistan.
SECONDO PASSAGGIO: registrare il cambiamento degli obiettivi sociali realizzato dall’attuale governo, pur sempre focalizzato sul lavoro dipendente. Se prima le misure fiscali si concentravano sui dipendenti con redditi medio-bassi, oggi invece è stato deciso «di beneficiare le classi medio alte proprio in un periodo in cui abbiamo visto crescere le disuguaglianze nel nostro paese. Infatti, come si può paragonare la riforma del 2014 con quella del 2022, quando fra l’una e l’altra vi è stata una pandemia globale e una recessione senza precedenti?».
TERZO PASSAGGIO: ecco le cifre. La riforma Irpef premia le fasce di reddito superiori ai 40 mila euro «dedicando alle altre benefici irrisori in termini assoluti e relativi», mentre l’85% dei lavoratori e pensionati ha un reddito che si colloca sotto tale soglia. «I media nazionali oltre che il governo non hanno merito preso in considerazione questa semplice analisi della distribuzione dei contribuenti».
CONCLUSIONE: dato che la crisi del Corona-capitalismo durerà anni il governo avrebbe dovuto fare un «intervento sulle fasce meno abbienti e più in difficoltà, anziché dedicare risorse pubbliche a chi ha già tanto e poche briciole a chi stenta ad arrivare a fine mese». Su queste basi la «mobilitazione della Cgil continuerà» con l’anno nuovo.
* Fonte: Roberto Ciccarelli, il manifesto
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