Sciopero generale di Cgil e Uil: Il 16 dicembre «Tutto il paese scenda in piazza»

Sciopero generale di Cgil e Uil: Il 16 dicembre «Tutto il paese scenda in piazza»

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La protesta. Da Bari, durante una manifestazione di Cgil e Uil in preparazione dello sciopero generale di giovedì 16 dicembre contro la «legge di bilancio inadeguata» del governo Draghi, il segretario della Cgil Maurizio Landini ha lanciato l’appello: «Chiediamo a tutto il paese di scendere in piazza il 16 dicembre per cambiare: è il momento che il mondo del lavoro venga ascoltato per i problemi che ha e per lo sforzo che ha fatto durante la pandemia». Dal palco di Lamezia Terme (Catanzaro) il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri ha attaccato duramente il sistema dominante dei media. «Lo squadrismo non è solo quello dell’assalto alla Cgil – ha detto – Lo squadrismo è anche alcuni articoli sui giornali. Ma non ci piegano, non abbiamo paura. Ricordatelo, non ci intimorite”

Dal palco di Lamezia Terme dove ieri ha manifestato on la Cgil contro la legge di bilancio del governo Draghi il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri ha dato un giudizio politico molto preciso della reazione mediatica e politica provocata dall’annuncio dello sciopero generale di giovedì 16 dicembre: «Lo squadrismo non è solo quello dell’assalto alla Cgil – ha detto – Lo squadrismo è’ anche alcuni articoli sui giornali. Ma non ci piegano, non abbiamo paura. Ricordatelo, non ci intimorite».

TRA UIL E CGIL circola una consapevolezza. E ieri è stata esplicitata. La battaglia contro questa maggioranza, e l’ideologia classista e pauperista che esprimono i suoi sostenitori a reti unificate sarà lunga, la lotta contro legge di bilancio è il primo passo di un percorso più lungo. «Sarà impegnativa – ha aggiunto Bombardieri – Vedrete di tutto, vedrete nei prossimi giorni che cosa si scatenerà sui grandi giornali: Corriere della Sera, la Repubblica, la Stampa. Ci diranno che saremo degli irresponsabili, già ce lo dicono. Ci diranno che siamo dei folli, ma noi – ha concluso – abbiamo dalla nostra parte la sicurezza di essere dalla parte dei più deboli e insieme proveremo a cambiare questo Paese. Ci riusciremo il 16 e lo faremo dopo».

FOLLI perché dalla parte dei deboli. Slogan vago, tradisce una vena populista e risente delle debolezze accumulate in tanti anni, ma visto il penoso scenario in cui ci troviamo rovescia l’imbarazzante coro a sostegno del Draghistan: non disturbate il manovratore, la pace sociale è normalizzazione di una democrazia sospesa, quella per cui tifano i partiti della maggioranza Frankenstein.

«FORZE di maggioranza che ragionano in questo modo non ce le meritiamo – ha detto il segretario della Cgil Maurizio Landini ieri a Bari per un’altra manifestazione in preparazione dello sciopero generale – Se dentro il Governo non si capisce che ci sono persone che pur lavorando sono povere e non riescono ad arrivare alla fine del mese e che aiutare chi sta peggio è l’unica strada per riunire questo Paese, c’è qualcosa di profondo che va cambiato. Non possiamo stare zitti, non abbiamo paura, non abbiamo nulla da perdere. Chiediamo a tutto il paese di scendere in piazza. È il momento che il mondo del lavoro venga ascoltato per i problemi che ha e per lo sforzo che ha fatto durante la pandemia».

ALLA BASE di questi discorsi c’è l’idea di ricongiungere la crescita dei salari più bassi d’Europa con le tutele sociali più sbrindellate e inique. Un nesso, già critico, sconvolto da trent’anni di neoliberalismo. Quello che ha fatto saltare il banco è la modesta legge di bilancio di Draghi che ha lasciato ai suoi partiti la responsabilità di presentare una riforma fiscale regressiva che attribuirà a un bidello qualche decina di euro e a un dirigente nel privato diverse centinaia. Dopo due anni di pandemia e impoverimento l’idea di aumentare le diseguaglianze nella classe media, senza contare quelle fuori, è sembrata sfacciata. Per i sindacati della scuola che hanno scioperato venerdì non si può pensare di dare miliardi alle imprese che costruiscono asili senza pensare a come pagare chi li terrà aperti e ci lavorerà. Questa è la legge economica che il Draghistan difende in maniera isterica. E non accetta questo momentaneo, vedremo se duraturo, ritorno all’autonomia sindacale. «Non rispondiamo ai partiti, ma ai lavoratori – ha detto Landini – Stiamo dicendo al governo’ ascolta questo malessere e insieme a noi trova le risposte. Noi non vogliamo dividere un bel niente, il mondo è già troppo diviso». Tutto questo mentre ieri a Salvini ha rimesso il disco: «La Cgil blocca il paese».

«SULLE PENSIONI – ha aggiunto Landini – non c’è bisogno di qualche aggiustamento, ma di cambiare radicalmente la riforma Fornero». Quella, ha ricordato l’Ocse, che porterà a lavorare chi è attivo dal 1996 fino a 71 anni senza una pensione dignitosa. «Se pensano di fare con le pensioni quello che hanno fatto con il fisco, cioè prendere loro le decisioni e chiamarci solo per informarci, è meglio che non ci chiamino». Sarebbe allora logico rivendicare anche l’abolizione della fucina di precarietà di massa creata dal Jobs Act di Renzi e del Pd. L’intenzione balena nelle parole di Landini. «Finché le persone saranno precarie e povere, pur lavorando, non avranno una pensione degna di questo nome e aumenterà la divisione sociale».

IL FRONTE «unitario, ma non unico», è rotto. Se lo sciopero del 16 è stato confermato, nonostante il garante, quello dalla Cisl di Luigi Sbarra si terrà sabato 18 con uno slogan polemico: «responsabilità». «Mi auguro sia possibile recuperare l’azione unitaria» ha commentato Landini – Se stanno in piazza non sono contenti. Il tema è unire il mondo del lavoro e soprattutto essere coerenti».

* Fonte: Roberto Ciccarelli, il manifesto



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