Col ritorno al nucleare si intossicano anche i green bond

Col ritorno al nucleare si intossicano anche i green bond

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L’atomo fuggente. La tassonomia energetica e il greenwashing delle fonti inquinanti

 

In questi tempi di revival nucleare rilanciati dalla proposta di tassonomia europea, vale la pena di ricordare – repetita juvant – alcuni fatti importanti per il nostro paese. Nel 2008 il governo Berlusconi siglò con il Presidente francese Sarkozy un «memorandum» che prevedeva la costruzione di quattro reattori Epr. La Francia ne aveva iniziato a costruire uno a Flamanville da poco tempo (nel 2006 i primi lavori) e pensava di espandere il portafoglio ordini. L’Epr di Flamanville è tuttora in costruzione e il suo costo complessivo, secondo le stime della Corte dei Conti francese, supera i 19 miliardi di euro rispetto ai 3,3 previsti da progetto.

Il movimento antinucleare e referendario, che nel 2011 vinse il referendum con maggioranza schiacciante riuscendo a raggiungere il quorum, ha dunque risparmiato all’Italia una perdita colossale (anche ammesso di non far peggio dei francesi) a fronte della quale ad oggi non sarebbe stato prodotto nemmeno un kilowattora. Invece proprio in quegli anni (2011-12) le fonti rinnovabili fecero un balzo in avanti e in poco tempo hanno aggiunto alla rete circa 50 miliardi di kilowattora all’anno, una quantità uguale se non superiore a quella dei quattro fantomatici Epr. Poi fu messo un freno a mano al settore (che perdura fino a oggi, vedremo ora se si sbloccherà qualcosa come promesso). Infatti, l’espansione delle rinnovabili in un contesto di stagnazione dei consumi aveva «invaso» la quota di mercato del gas oltre che del carbone. Così dagli esponenti più importanti del settore petrolifero e del gas vennero attacchi furibondi (con profetiche frasi del tipo «investire nelle rinnovabili è da ubriachi»).

Sull’altro Epr in costruzione in Europa – a Olkiluoto in Finlandia – era impegnata l’azienda proprietaria della tecnologia, la francese Areva. A causa dell’esplosione dei costi nel cantiere finlandese Areva è fallita. La stessa cosa è avvenuta sull’altra sponda dell’Atlantico: dei quattro nuovi reattori nippo-americani AP1000 due sono stati cancellati e i due restanti viaggiano a costi triplicati. Anche in questo caso l’azienda proprietaria della tecnologia Toshiba-Westinghouse è fallita nel 2017. Eppure, sia in Francia che negli Usa c’era stato un forte sostegno dei governi e nessun referendum a impedire alcunché. Così, quando il centrodestra si eccita alla parola nucleare dovrebbe fare un piccolo esercizio di memoria storica – in fondo sono passati 10 anni, non 100 – e guardarsi intorno. Fosse stato per loro avremmo avuto un buco finanziario che vale più della quota a fondo perduto del Recovery Plan e con qualche grande azienda fallita. Invece di eccitarsi dovrebbero ringraziare gli italiani che impedirono questo errore. E riflettere sulla linea della Germania – la prima manifattura d’Europa punta pesantemente sulle rinnovabili – che era già chiara con Angela Merkel e che verrà confermata con ancora maggior convinzione dal nuovo governo.
Mettere il nucleare in tassonomia servirà a «nascondere» tra i green bonds anche investimenti in questa fonte che è tutto fuorché sostenibile: si basa su una fonte non rinnovabile, e che non ha mai risolto, nemmeno negli Usa il paese che ha inventato la tecnologia e che ha più rifiuti nucleari, la gestione a lungo termine delle scorie: da quelle parti le barre di combustibile irraggiato rimarranno a tempo «indefinito» presso gli impianti. Ultimo ma non meno importante, si tratta di una tecnologia proliferativa. Il legame con il settore militare emerge sia nel Regno Unito – dove il tema del rinnovo dei sommergibili a propulsione nucleare è una priorità – e ancora più chiaramente in Francia, dove è persino rivendicato dal presidente Macron.

Accettare nella tassonomia il nucleare è un modo per «tossificare» i futuri green bonds europei nella culla. E metterci, anche se con dei limiti, il gas fossile è come confermare una fonte che già oggi quella che emette più gas serra in Europa, trasformando la tassonomia in uno strumento per promuovere il greenwashing e non per combatterlo.

Se il centrodestra utilizza il tema nucleare in modo del tutto ideologico, non è chiara la posizione del Pd che appare muto e assente. Come un pesce in barile. Anche se forse si tratta di un «barile» di gas.

*direttore Greenpeace Italia

 Fonte: Giuseppe Onufrio, il manifesto



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