Green pass rafforzato per 2,5 milioni di lavoratori: rischio dimissioni e ricorsi

by Massimo Franchi * | 5 Gennaio 2022 18:26

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Lavoro e Vaccini. Cgil, Cisl e Uil sono per l’obbligo vaccinale. Intanto alla Fiac di Bologna la Fiom fa riconoscere come infortunio il contagio di ben 50 operai

 

Ora che sull’estensione del Green pass rafforzato il dato sembra tratto, come si comporteranno i lavoratori italiani che non si sono ancora vaccinati? Le stime più attendibili li stimano in circa 2,5 milioni, pari a un decimo dei lavoratori totali.
L’auspicio del governo Draghi che ha deciso per l’accelerazione è che siano spinti a vaccinarsi come è avvenuto in parte in Austria, primo paese europeo a prevedere una norma simile rafforzata con un sostanziale lockdown per i non vaccinati.
La situazione italiana però è assai più complessa. Finora gran parte di loro obtorto collo si era abituata a pagare di tasca propria tamponi antigenici ogni due giorni, scaricando così il Green pass che valeva 48 ore. L’impennata di certificati scaricati da quando la norma è stata introdotta conferma sostanzialmente il numero di lavoratori che ne facevano questo uso: circa 700 mila al giorno. Numero che va moltiplicato per due in quanto la validità del Green pass era di due giorni per un totale di circa 1,4 milioni di lavoratori.
A questi vanno aggiunti i settori in cui il controllo del Green pass è oggettivamente molto complesso come l’agricoltura o i trasporti a cui vanno sommati i lavoratori autonomi e coloro che alla faccia del ministro Brunetta riescono a lavorare da remoto e dunque non saranno chiamati a mostrare la nuova certificazione.
Se anche – come sembra dai nostri calcoli – i lavoratori ora privi di vaccinazione sono meno dei 2,5 milioni stimati dal governo, inizialmente Draghi pareva persuaso della necessità di discutere l’estensione con le parti sociali, a partire dai sindacati, prima di procedere con il solito decreto. Ma anche questa volta il confronto è diventato non necessario, forse per evitare l’ennesima contrapposizione.
Allo stesso tempo i sindacati sono coscienti di non aver alcun controllo sulle scelte di questi lavoratori, nonostante il tentativo di fare assemblee sui luoghi di lavoro per favorire la vaccinazione. Se all’inizio dell’estate la Cgil è stata – falsamente – tacciata di posizioni vicine ai No vax, lo si faceva confondendo la presa di coscienza della situazione e il dover rappresentare anche questi lavoratori, evitando discriminazioni .
D’altronde già nella scuola – dove vige l’obbligo di vaccinazione – non sono state previste sanzioni: chi non si vaccina non lavora ma si mette in aspettativa e non perde il posto. E così – si spera – sarà anche per il Green pass rafforzato. Ma è possibile che i più convinti a non vaccinarsi arrivino alle dimissioni o ai ricorsi ai tribunali contro il provvedimento, visti anche i tanti pareri di giuristi che considerano quanto meno forzata l’imposizione dell’obbligo vaccinale.
«Anche a fronte dei dati dei contagi di questi giorni sarebbe serio che la scelta fosse netta e si fosse deciso per l’obbligo vaccinale come noi chiediamo fin dall’estate», ribadisce la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti. Su come reagiranno i lavoratori le previsioni anche da parte sindacale sono difficili. «Una parte si vaccinerà come è successo per la scuola e la sanità dove col tempo sono stati raggiunti livelli altissimi di vaccinati. Uno dei temi però è quello dei tempi: non si può imporre un cambiamento di questo tipo dall’oggi al domani, va lasciato un tempo congruo», conclude Scacchetti.
«La Cisl chiede dal mese di agosto di valutare la necessità di adottare una norma che sancisca l’obbligo alla vaccinazione per tutti i cittadini – interviene direttamente il segretario generale Luigi Sbarra – . Il green pass rafforzato nei luoghi di lavoro è un ulteriore passo in avanti anche se non sufficiente», conclude Sbarra.
«La politica non può scaricare le proprie responsabilità sul mondo del lavoro e deve decidere l’obbligo vaccinale per chi ha più di 18 anni», attacca il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri.
Un buon esempio dell’impegno sindacale contro il Covid è arrivato ieri. Dopo che fra febbraio e marzo 50 lavoratori della Fiac di Pontecchio Marconi (Bologna) si sono contagiati, la Cgil e l’Inca hanno chiesto all’Inail il riconoscimento dell’infortunio sul lavoro. Che ieri è stato riconosciuto. «La qualificazione del periodo come infortunio e non come malattia è una tutela aggiuntiva per i lavoratori per terapie e per il riconoscimento di postumi permanenti – commentano soddisfatte la Fiom Bologna e l’Inca – . Sollecitiamo tutte le lavoratrici e i lavoratori che ritengano di essersi contagiati sul luogo di lavoro a far valere i propri diritti».

* Fonte: Massimo Franchi, il manifesto[1]

 

Foto di Valerio Errani da Pixabay

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  1. il manifesto: https://ilmanifesto.it/

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