Migranti. Partiti dalla Libia, sette morti assiderati al largo di Lampedusa

Migranti. Partiti dalla Libia, sette morti assiderati al largo di Lampedusa

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Mediterraneo. Il barcone era partito con 280 persone dalle coste di Abu Kammash, Libia occidentale. Da una settimana 439 naufraghi attendono un porto sulla nave Geo Barents

 

Sette migranti del Bangladesh sono arrivati senza vita sulle coste di Lampedusa. Secondo i primi accertamenti sarebbero morti di freddo. Viaggiavano su un barcone partito dalle coste libiche di Abu Kammash, al confine con la Tunisia, con circa 280 persone (una cinquantina i minori). Per la maggior parte originarie del paese asiatico e dell’Egitto. Tre erano già privi di vita quando le motovedette italiane li hanno raggiunti, circa 20 miglia nautiche a sud dell’isola. Altri quattro erano in condizioni disperate e sono morti dopo il trasbordo, ormai a poca distanza dalla meta.

«I sopravvissuti tremavano, erano assetati, non rispondevano agli stimoli, avevano gli occhi sgranati. Sul molo Favaloro c’era gente che piangeva e altri che non riuscivano a camminare», racconta Giovanni D’Ambrosio, operatore di Mediterranean Hope-Fcei che alle 3.30 della notte tra lunedì e martedì è accorso a portare assistenza. Alcuni migranti hanno dovuto attendere il trasferimento all’hotspot per tre ore, nel gelo che precede l’alba.

IL BARCONE IN DIFFICOLTÀ era stato segnalato da Alarm Phone lunedì sera intorno alle 20. In quel momento si trovava al limite tra le acque territoriali tunisine e quelle internazionali della zona Sar (ricerca e soccorso) maltese. Tunisi ha inviato una nave che non è riuscita a trovarlo. Intanto alle 20.30 l’imbarcazione umanitaria Aita Mari, che aveva terminato delle esercitazioni vicino Lampedusa, ha ascoltato una conversazione radio tra le autorità marittime dell’isola e un peschereccio e si è messa alla ricerca dei migranti. Li ha raggiunti poco prima delle 23.

«Abbiamo informato Spagna, Malta e Italia della situazione. Per radio ci hanno ordinato di monitorare ma non intervenire, perché sarebbe arrivata la guardia costiera», ricostruisce Izaskun Arriaran, presidente della Ong Salvamento Marítimo Humanitario a bordo della nave. Dopo circa 90 minuti è arrivato un mezzo della guardia di finanza e poi le due motovedette della guardia costiera, che hanno materialmente realizzato un soccorso estremamente complesso per il buio e le oscillazioni del barcone.

LA PROCURA DI AGRIGENTO ha aperto un’indagine per individuare tra i migranti chi era alla guida. Rischia l’imputazione per «morte o lesioni come conseguenza di altro delitto», il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Molte voci di sdegno si sono sollevate nel mondo cattolico, dal parroco di Lampedusa Don Carmelo Rizzo all’arcivescovo di Agrigento Monsignor Damiano, che ha usato parole durissime: «Siamo già oltre l’indifferenza, siamo all’ostilità perché si continuano a fare scelte precise per escludere».

La Comunità di Sant’Egidio ha chiesto un impegno europeo per salvare chi rischia la vita in mare e incrementare i corridoi umanitari. Di «stragi annunciate» hanno parlato le Ong attive nei soccorsi come Medici senza frontiere, Sea-Watch e Mediterranea. Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando ha annunciato l’invio di una lettera alla nuova presidente dell’europarlamento Roberta Metsola, maltese, sottolineando l’urgenza di istituire «un organismo europeo che si faccia carico del salvataggio delle vite in mare».

INTANTO ORMAI DA UNA SETTIMANA ci sono 439 naufraghi a bordo della Geo Barents di Msf che attendono un porto di sbarco. Da ieri fanno su e giù davanti alle coste della Sicilia occidentale. «Dopo i rifiuti di Malta e Italia dei giorni scorsi auspichiamo che finisca l’indifferenza dell’Europa di fronte ai bisogni e le sofferenze di queste persone», ha dichiarato la presidente di Msf Italia Claudia Lodesani.

* Fonte/autore: Giansandro Merli, il manifesto



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