L’intervista. Vladimir Fédorovski: «Putin non tornerà indietro»

Loading

 Parla lo storico ed ex diplomatico, figura dei movimenti russi per la democrazia degli anni 80 e 90 che vive da tempo a Parigi. Autore di oltre una quarantina di volumi che hanno raccontato ai lettori europei la storia della Russia e il suo complesso presente pubblica in questi giorni «Poutine et l’Ukraine les faces cachées», per Balland e non nasconde i suoi timori per quanto sta accadendo in queste ore. «Sono distrutto. Ho lavorato con Gorbaciov per cambiare il Paese e costruire un sistema di sicurezza in Europa per uscire dalla Guerra fredda. E lo scenario di oggi è ancora peggiore»

 

Malgrado i lunghi anni trascorsi in seno alle diplomazia sovietica, lavorando da giovanissimo accanto a Breznev e Gromyko, e più tardi come consigliere di Eltsin e Gorbaciov, al telefono da Parigi, dove vive da decenni la sua seconda vita di storico e analista politico, la voce di Vladimir Fédorovski tradisce a tratti una profonda emozione. L’autore di oltre una quarantina di volumi che hanno raccontato negli ultimi vent’anni ai lettori europei la storia della Russia e il suo complesso presente – Poutine et l’Ukraine les faces cachées, l’ultimo titolo in uscita in questi giorni per Balland – non nasconde i suoi timori per quanto sta accadendo in queste ore come per una futura «libanizzazione irreversibile dell’Ucraina» in grado di fare non solo molte vittime innocenti ma di minacciare definitivamente la pace in Europa e forse nel mondo intero.

 

Prima di interrogare lo storico e l’ex diplomatico, una domanda personale: suo padre era ucraino, sua madre russa, come sta vivendo questo momento?
Sinceramente? Sono distrutto, lacerato da tutti i punti di vista. Mio padre era un politico ucraino, un diplomatico e un eroe della Seconda guerra mondiale, mia madre un’intellettuale russa. E io stesso, se posso citare la mia biografia, lavorando al fianco di Gorbaciov ho contribuito a far voltare pagina al mio Paese rispetto al passato comunista, cercando, attraverso la diplomazia, di costruire un sistema di sicurezza in Europa che ci facesse uscire definitivamente dal clima minaccioso della Guerra fredda. E oggi mi trovo, e ci troviamo tutti, di fronte a qualcosa di peggiore della stessa Guerra fredda. Sono davvero triste e preoccupato. Anche se, di fronte a ciò che accade, farei mie le parole di Gramsci quando parlava di «pessimismo dell’intelligenza e ottimismo della volontà».Diversi osservatori ritengono che la scelta di invadere l’Ucraina possa alla lunga indebolire Putin sul piano interno. Da profondo conoscitore del sistema di potere russo cosa ne pensa?
In Occidente in molti sembrano convinti che ad un certo punto Putin possa essere abbandonato dai suoi, che gli oligarchi lo scarichino e i militari o i vertici dello Stato possano assumere posizioni diverse. Ma purtroppo una simile visione delle cose rischia di dare corpo solo alle proprie illusioni, un po’ come accade nella realtà virtuale. I sondaggi d’opinione, per quanto credito possano avere in Russia, ci dicono che la maggioranza della popolazione sostiene le sue scelte, anche quando accusa gli occidentali di complottare contro Mosca. Certo, le sanzioni potranno far sentire il proprio effetto nel Paese, ma i russi sono abituati ad un regime di crisi, a vivere faticosamente, immersi in un’«economia di mobilitazione», come la chiamano da quelle parti. Ma sanno che l’alternativa sono stati a lungo i campi staliniani e ora la repressione a tutti i livelli. Inoltre se i primi ad essere colpiti dalle sanzioni sono proprio gli oligarchi che vivono a Londra, la popolazione ne sarà felice perché li odia e considera, non a torto, che si siano arricchiti alle spalle della Russia.

Eppure le manifestazioni contro l’invasione si moltiplicano nelle città russe…
Come dicevo, trent’anni fa ho partecipato al movimento democratico in Russia e vanto ancora dei contatti privilegiati in quell’ambiente che mi confermano anche in queste ore quanto la situazione sia davvero pericolosa per chi si oppone a Putin. Per questo, malgrado il loro numero continui ad aumentare, e il mio sostegno vada in ogni caso a loro, oggi gli oppositori restano comunque una minoranza esposta alle violenze della polizia. Ma il problema non è solo la repressione, si deve anche tener conto che nelle ultime elezioni legislative che si sono svolte a settembre, accanto al partito di Putin si sono affermati i neo-stalinisti del Kprf, il partito comunista della Federazione russa che sono sulla stessa linea nazionalista del presidente. E da questo punto di vista non si può non segnalare come la battaglia delle idee, dopo gli anni di Gorbaciov, sia stata progressivamente vinta nel Paese dai nemici della democrazia e dell’Europa. E oggi, solo il numero delle perdite russe in Ucraina potrà forse indebolire il sostegno alle azioni di Putin.

Presentando il suo nuovo libro sulla rete satellitare francese Bfmtv ha spiegato che Putin sta in qualche modo ripercorrendo i passi di Stalin, vale a dire?
Da un lato Putin coltiva consapevolmente a vari livelli la somiglianza con Stalin che resta senza alcun dubbio la figura storica più celebrata dalla popolazione russa ancora oggi. Stalin ha tenuto testa ad Hitler, e subito dopo agli occidentali durante la Guerra fredda. Ha creato una sorta di «economia di guerra», gli sforzi straordinari per far crescere il Paese nei momenti di massima tensione e contrapposizione con l’esterno. Inoltre credo si possa parlare anche di una qualche somiglianza psicologica tra i due, nel senso che entrambi i personaggi non sembrano in grado di fare marcia indietro quando le circostanze lo richiedono e conducono ogni azione fino in fondo incuranti delle conseguenze. Ed oggi è proprio da un uomo così che dipendono le sorti dell’Europa.

* Fonte/autore: il manifesto



Related Articles

Escalation. Tensioni geopolitiche, la guerra viaggia anche in pallone

Loading

L’episodio mostra la crisi dei rapporti internazionali, in particolare in Asia – ma anche in Medio Oriente – sulla scia rischiosa della guerra in Ucraina che si sta allargando nel mondo

Lavoro, debito, giustizia Il movimento rialza la voce

Loading

PIAZZE CALDE IN TUNISIA
In vista dell’elezione della costituente i manifestanti tornano in strada. Ma lo stato d’allerta resta in vigore. E la pratica delle torture anche

Riconoscere la Palestina? Il caso al Parlamento italiano

Loading

Tre mozioni per spingere il governo ad agire. Seguendo l’esempio di Londra

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment