Israele/Territori occupati, ucciso un palestinese a Hebron

Israele/Territori occupati, ucciso un palestinese a Hebron

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Resta alta la tensione dopo i tre attacchi armati che hanno ucciso 11 israeliani. Aumentato di 40 volte il numero delle richieste di porto d’armi in Israele dopo l’appello del premier Bennett ad uscire di casa con la pistola

Ahmed Al Atrash, 29 anni, è spirato in ospedale, pochi minuti dopo l’arrivo al pronto soccorso. Colpito da un proiettile alla testa, durante le proteste a Hebron contro i militari israeliani seguite alle preghiere del venerdì, non ha avuto scampo. Si allunga la striscia di sangue di questi ultimi giorni cominciata con gli attentati a Beersheva, Hedera e Bnei Brak in cui sono morti 11 israeliani e proseguita con l’uccisione di quattro palestinesi da parte dell’esercito. Secondo il portavoce militare israeliano, Al Atrash, un ex detenuto politico, è stato colpito mentre lanciava una bottiglia incendiaria. I palestinesi rispondono che è stato preso di mira da un cecchino. Le forze politiche di Hebron hanno proclamato il lutto cittadino per oggi, primo giorno del mese di Ramadan. A Beita, nella Cisgiordania centrale, decine di palestinesi sono rimasti feriti o intossicati dai gas lacrimogeni lanciati dai soldati durante la manifestazione settimanale contro l’avamposto coloniale israeliano di Evyatar.

In Israele continua la mobilitazione dell’esercito e della polizia con il governo che stanzia fondi ulteriori per le forze di sicurezza e si prepara a richiamare 300 riservisti delle guardie di frontiera per fronteggiare quella che il premier Bennett ha descritto come una ondata di attentati terroristici da fermare subito. Il suo appello agli israeliani ad uscire di casa armati e a tenere a portata di mano la pistola, ha avuto risultati immediati. Negli ultimi giorni il numero di richieste di porto d’armi presentate al ministero della difesa si è moltiplicato di 40 volte rispetto al periodo precedente agli attacchi nelle tre città. Il giorno prima degli accoltellamenti a Beersheva (quattro uccisi) il ministero aveva ricevuto 44 richieste. Dopo l’appello di Bennett il numero è salito a 1773. In Israele 148.000 persone, molte delle quali coloni insediati in Cisgiordania, già possiedono un’arma da fuoco, oltre ai membri delle forze di sicurezza. Il quotidiano Haaretz riferisce che la tendenza in aumento delle richieste di porto d’armi si registra già da alcuni mesi.

Diversi paesi hanno inviato messaggi di solidarietà a Israele dopo gli ultimi attacchi armati. Quello accolto con più favore è giunto dall’ex «nemico» Recep Tayyip Erdogan. Il presidente turco, che per oltre dieci anni ha avuto relazioni tese con lo Stato ebraico di cui ha più volte condannato con parole di fuoco le politiche di occupazione dei Territori palestinesi, ieri ha chiamato il capo dello stato israeliano Isaac Herzog per condannare duramente la serie di attacchi. Il mese scorso Erdogan ha ricevuto in Turchia Herzog confermando il processo di graduale riavvicinamento a Israele che aveva avviato circa un anno fa.  E sebbene al momento appaia impensabile che i due paesi tornino alla stretta alleanza militare che avevano mantenuto nella seconda metà del secolo scorso, è credibile che Erdogan punti a raggiungere presto con Israele importanti intese strategiche ed economiche.

* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto



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