Secondo l’accusa i 5 avrebbero coordinato e incoraggiato l’assalto al Campidoglio, ma l’indagine su questo tentativo di rovesciare la democrazia Usa coinvolge decine di persone, ed è stata definito dalla Associated Press, «l’indagine più grande nella storia del dipartimento di Giustizia».

IL PROCESSO non riguarda solo il gruppo dei Proud Boys: prima di loro, a gennaio, erano stati incriminati per cospirazione sediziosa 11 membri e collaboratori di un altro gruppo estremista di destra coinvolto nell’assalto, gli Oath Keepers, e 3 di loro si sono già dichiarati colpevoli.
Nello stilare l’accusa è stato sottolineato il ruolo centrale svolto dai Proud Boys nel tentativo di evitare a Trump la sconfitta elettorale, e di «opporsi al legittimo trasferimento del potere presidenziale con la forza», prendendo d’assalto il Campidoglio.
L’accusa di cospirazione sediziosa in Usa non è una passeggiata da provare, e richiede che i pubblici ministeri dimostrino che almeno due persone si siano accordate per usare la forza al fine di rovesciare l’autorità governativa o ritardare l’esecuzione di una legge. Questo include armarsi di equipaggiamento paramilitare e pianificare in anticipo azioni violente per portare a compimento lo scopo.

I PROUD BOYS si sono dichiarati non colpevoli, e hanno affermato di essersi armati solo come protezione contro le violenze dei gruppi di sinistra. L’accusa, però, sostiene che abbiano attaccato gli agenti di polizia e aiutato a coordinare l’assalto al Campidoglio, pianificandolo e coordinandolo in tempo reale. Se provata, l’accusa prevede una pena massima di 20 anni di carcere.
In attesa dell’udienza di agosto, i Proud Boys e le azioni degli altri gruppi di paramilitari al Campidoglio saranno al centro anche della narrativa che verrà ricostruita dalla Commissione della Camera che indaga sull’attacco del 6 gennaio, riguardante i tentativi di Trump di ribaltare i risultati elettorali. La prima di una serie di udienze pubbliche previste per questo mese nell’ambito del processo per il tentato golpe si terrà giovedì, ed è prevista la testimonianza di Nick Quested, documentarista britannico che ha seguito i Proud Boys, filmandoli, durante la rivolta, e quella di Caroline Edwards, un’agente di polizia del Campidoglio ferita da un rivoltoso poco dopo una conversazione con uno dei Proud Boys incriminati.

LE ACCUSE presentate dai pubblici ministeri contro i Proud Boys contengono, come prove, svariati scambi di messaggi ed email in cui i paramilitari si riferiscono all’insurrezione come a un glorioso ritorno dello spirito del 1776, anno della dichiarazione dell’indipendenza Usa. È ancora da vedere se riusciranno a provare l’accusa, ma in questo momento le prove sembrano forti e i pericoli che ciò possa ripetersi reali.
Tutti i discorsi sul 1776 indicano che l’intenzione dei gruppi di destra di rovesciare l’assetto democratico il 6 gennaio non era dimostrativa né passeggera, ma reale. Lo stesso Tarrio, in un’intervista di qualche mese fa, ha dichiarato di non credere che quella del 2020 sia stata un’elezione rubata, ma che gli Usa e i valori dell’occidente sono minacciati e devono essere difesi dall’invasione «barbara», e dai politici di sinistra che l’agevolano.

* Fonte/autore: Marina Catucci, il manifesto[1]