Il Paese delle armi (e delle stragi): quattro vittime a Tulsa, quest’anno 233 mass shooting
Gli omicidi di massa nel 2022 sono stati 12, e le persone rimaste vittima di violenza armata «in generale» sono già 8.000. Quello di Tulsa è il 20esimo mass shooting dal massacro di Uvalde, lo scorso 24 maggio
Mercoledì, in contemporanea con i funerali di alcune delle vittime della strage di Uvalde, in Texas, un uomo – che è morto nella sparatoria, probabilmente rivolgendo l’arma contro se stesso – ha aperto il fuoco in un ospedale di Tulsa, Oklahoma, uccidendo quattro persone. Al Washington Post il capo della polizia di Tulsa Wendell Franklin ha detto ieri che l’assassino, Michael Louis, era stato operato alla schiena al St. Francis Hospital lo scorso 19 maggio, e che per giorni dopo il suo ricovero aveva chiamato per lamentare dei dolori e chiedere altri antidolorifici. Per questo il suo era stato definito in precedenza un gesto non «casuale»: le vittime, fra cui il suo medico, sono state scelte «con uno scopo». L’arma, un AR 15 come nel massacro di Uvalde, era stata acquistata la mattina stessa della sparatoria.
Quello di Tulsa, secondo un report del Gun Violence Archive, è il 20esimo mass shooting (che l’associazione classifica come sparatorie in cui 4 o più persone vengono ferite e uccise, senza contare l’attentatore) dal massacro di Uvalde, lo scorso 24 maggio, e il 233esimo dell’anno, mentre gli omicidi di massa nel 2022 sono stati 12, e le persone rimaste vittima di violenza armata «in generale» sono già 8.000.
Il giorno del mass shooting di Tulsa è anche stato quello in cui l’autore di un altro recente massacro – il 18enne suprematista bianco Payton Gendron, che il 14 maggio ha ucciso 10 afroamericani in un supermercato di Buffalo, nello stato di New York – è stato incriminato da un gran giurì per aver commesso «un atto di terrorismo interno motivato dall’odio». A cui si aggiungono dieci capi d’imputazione (in totale sono 25) per omicidio di primo grado. Secondo l’incriminazione Gendron, che si è dichiarato non colpevole, ha ucciso «per la sua percezione della razza e del colore» delle sue vittime.
Continua intanto al comitato giudiziario della Camera Usa il dibattito sul Protecting Our Kids Act, una legge che permetterebbe fra le altre cose di fissare a 21 anni l’età minima per comprare un’arma da fuoco e di bandire le «armi fantasma» (che possono essere comprate online e assemblate a casa, risultando intracciabili). Mentre al Senato Usa è in corso il tentativo di negoziazione voluto dal leader della maggioranza dem Chuck Schumer per una legge bipartisan che metta qualche (timido) paletto all’industria delle armi. Il confronto fra repubblicani e democratici attraverso un gruppo di lavoro bipartisan di dieci senatori cerca un compromesso sui cui però, dopo anni di ostruzionismo Gop a qualsiasi tentativo di regolamentazione, nessuno si fa illusioni.
Ma la Casa bianca ha annunciato che Biden avrebbe tenuto in serata (troppo tardi per noi) un discorso per affrontare la tragedia delle ultime stragi e insistere sulla necessità di approvare «leggi di buon senso» sulla regolamentazione delle armi e «combattere l’epidemia di violenza armata che sta mietendo vittime ogni giorno» .
* Fonte/autore: Giovanna Branca, il manifesto
Related Articles
I settarismi e le divisioni nel fronte musulmano
Isis. Ci sono gruppi islamici preoccupati dell’intransigente militarismo di al-Baghdadi
In tribunale il killer di Jo Cox: «Chiamatemi Morte ai traditori»
Brexit. Tra fiori, donazioni e appelli a abbassare i toni, ultime ore di campagna referendaria. L’ondata di solidarietà con la deputata uccisa ha portato in lieve vantaggio il «Remain» negli ultimi sondaggi
Più soluzioni in due semplici mosse
ISRAELE, L’ATTACCO ALL’IRAN E IL CONFLITTO SIRIANO
Giuseppe Cassini* Qualche anno fa, prima che diventasse presidente d’Israele, Shimon Peres ci invitò a pranzo. Discutendo dello sviluppo nucleare iraniano, ci disse testualmente: «Abbiamo tre opzioni: militare, diplomatica, economica. Escludiamo la prima opzione; proseguiamo con la seconda pur credendoci poco; diciamo sì alla terza, perché le sanzioni servono allo scopo». Sull’Iran Peres aveva visto giusto. Un’inflazione al 50%, il rial svalutato sul dollaro del 300% in un anno, le esportazioni di petrolio dimezzate, tutto indica un’economia al collasso e lascia presagire un acuirsi delle tensioni fra governo, clero e popolo del bazar.