Migranti. La Corte Europea per i diritti umani blocca le deportazioni in Ruanda

by Leo Lancari * | 16 Giugno 2022 10:11

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La Corte europea ferma il trasferimento di migranti nel paese africano. Ma BoJo tira dritto

 

A Londra uno stuolo di esperti legali sarebbe già al lavoro per valutare la possibilità di rimettere mano alla normativa sui diritti umani. Lo stop imposto martedì dalla Corte europea dei diritti umani (Cedu) al piano di trasferimento in Ruanda dei richiedenti asilo arrivati illegalmente in Gran Bretagna attraverso la Manica rappresenta uno schiaffo per il governo di Boris Johnson che adesso prova a correre ai ripari promettendo l’ennesimo giro di vite a danno dei disperati che provano a raggiungere l’isola dalla Francia. La prima mossa, annunciata ieri dallo stesso BoJo, riguarderebbe proprio una revisione della legge sui diritti umani in modo da avere mano libera sui trasferimenti. E non solo. Non viene neanche esclusa la possibilità di uscire dalla Convezione europea sui diritti umani in modo da non dover più sottostare alle decisioni della Corte.

Lo stop della Cedu è arrivato martedì sera proprio quando il charter che avrebbe dovuto deportare a Kigali il primo gruppo di 37 migranti era ormai prossimo al decollo. Le sentenze di una corte d’appello prima e della Corte suprema poi avevano bocciato i ricorsi presentati dagli attivisti aprendo la strada ai trasferimenti, poi bloccati da una serie di ricorsi individuali. Alla fine dei 37 iniziali, solo sei migranti avrebbero potuto essere trasferiti prima che il volo venisse bloccato del tutto. In particolare la Corte ha deciso di concedere un provvedimento di cautela urgente a un cittadino di origine irachena, K. N., che aveva chiesto asilo all’Inghilterra il 17 maggio scorso e che martedì stava per essere espulso. Nella decisione della Corte hanno pesato le preoccupazioni espresse dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati secondo cui una volta in Ruanda i richiedenti asilo non avrebbero accesso a procedure eque per la determinazione dello status di rifugiato. Una sentenza definita «sorprendente» dalla ministra dell’Interno Priti Patel (alcuni deputati della maggioranza sono arrivati a parlare di «interferenze» della Cedu) che parlando alla Camera ha assicurato che il piano di deportazioni andrà comunque avanti.

Due mesi fa è stata proprio la Patel a mettere a punto l’accordo con il Ruanda, reso possibile anche dalla Brexit che permette a Londra di avere le mani libere nella gestione dei migranti. L’intesa prevede che la Gran Bretagna possa deportare nel paese africano i migranti entrati illegalmente nel suo territorio a partire allo scorso primo gennaio in cambio di 120 milioni di sterline, circa 145 milioni di euro. Secondo alcune stime i migranti destinati a essere trasferiti potrebbero essere decine di migliaia, per la maggior parte uomini ma anche donne e bambini.

A spingere il governo a delocalizzare i richiedenti asilo è il numero sempre crescente di arrivi sull’isola, saliti ormai a 10.700 dall’inizio dell’anno, 444 solo ieri. Ma l’accordo con il Ruanda fin dall’inizio non ha mancato di sollevare dubbi e preoccupazioni a livello internazionale tanto che la stessa Michelle Bachelet, Alto commissario Onu per i rifugiati, in passato aveva chiesto a Londra di ripensarci. E proteste si sono levate anche in Gran Bretagna sia da parte degli arcivescovi di Canterbury e di York, che dallo stesso principe Carlo che in una conversazione privata si sarebbe detto «deluso» dal piano messo a punto da BoJo.

Tutto inutile. Così come inutile a un ripensamento sembra essere la decisione della Cedu. Come sempre il governo tira dritto per la sua strada al punto che insieme al ricorso contro la sentenza della Cedu si starebbe già preparando un nuovo volo diretto a Kigali. Dove un portavoce ha confermato l’intenzione del governo a rispettare gli impegni assunti con Londra. «Non siamo scoraggiati da questi sviluppi», ha detto. «Il Ruanda rimane pienamente impegnato a far funzionare questa partnership ed è pronto ad accogliere i migranti quando arriveranno e ad offrire loro sicurezza e opportunità nel nostro paese».

* Fonte/autore: Leo Lancari, il manifesto[1]

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