Nel primo turno, il 29 maggio, Hernandez ha superato il candidato della destra tradizionale con un’efficace campagna condotta soprattutto sui social network, cavalcando l’onda dell’antipolitica e schivando i dibattiti televisivi.

MERCOLEDÌ SCORSO una sentenza del Tribunale di Bogotà ha però obbligato i due sfidanti a tenere un dibattito presidenziale, come diritto e dovere di far conoscere pubblicamente i programmi di governo. Hernandez ha prima cercato di imporre le proprie condizioni, poi ha ritirato la partecipazione, manipolando le indicazioni della sentenza. Petro lo ha accusato di non rispettare il potere giudiziario e l’ordine democratico. In sospeso la possibilità di una condanna per non aver rispettato la sentenza.

Come per il primo turno, sul Paese è calata una calma densa di attesa, tra nervi e speranze. Le strade del centro di Bogotà iniziano ad essere presidiate da esercito e polizia, le banche e i palazzi governativi vengono blindati e protetti per evitare saccheggi e danni, come avviene generalmente quando sono previste manifestazioni di piazza. All’entrata dell’Universidad Nacional, uno striscione esposto dagli studenti invita a mobilitarsi in caso di brogli, lasciando intravedere una chiamata alla protesta in caso di esito contestato. Il Consolato degli Stati uniti ha già lanciato l’allarme ordine pubblico dopo il voto.

NEGLI ULTIMI GIORNI è riemerso nuovamente lo spauracchio di una strategia per aggirare i risultati delle elezioni. La maggior preoccupazione risiede nel software che realizza il computo elettronico delle schede, che non garantirebbe sufficiente trasparenza. Alirio Uribe, noto avvocato e difensore dei diritti umani, ha fatto appello alla comunità internazionale affinché gli organismi indipendenti garantiscano il regolare svolgimento delle elezioni e vigilino sul conteggio dei voti. Sul tema si è espresso anche il presidente uscente, Ivan Duque, che ha invitato i rappresentanti del Pacto Histórico ad accettare il risultato del voto, minacciando il dispiegamento dell’esercito e della polizia nelle prossime ore.

NEL FRATTEMPO A CALI, Medellin, Bogotà e Bucaramanga sono stati arrestati almeno 22 giovani della primera linea, l’ala radicale e giovanile della rivolta esplosa nell’aprile 2021. I fermi sono dovuti a presunti piani di sabotaggio post-elettorale. Ma è pratica arbitraria della polizia inscenare montature senza prove tangibili, per alimentare la tensione nell’opinione pubblica.

Se nelle principali città l’attesa del voto viene vissuta in un clima di forte tensione, nelle zone rurali la violenza perdura. Giovedì una motobomba è esplosa presso la stazione di polizia del municipio di Suarez, nel dipartimento del Cauca, 500 km a sudovest di Bogotà, una zona dominata da formazioni narcos paramilitari, cartelli messicani della droga e dissidenze armate delle Farc.

PER LA PRIMA VOLTA nella storia recente colombiana un candidato progressista arriva a un passo dalla presidenza, ma i due scenari politici che si aprono dopo il voto di domenica sono radicalmente opposti, la posta in gioco è altissima e coinvolge, oltre ai candidati, la promessa di abbattere la violenza che domina la politica e la società nel Paese.

* Fonte/autore: Susanna De Guio, Giacomo Finzi, il manifesto