Brasile. Incriminati tre pescatori per i due omicidi, interrogativi sui mandanti

by Claudia Fanti * | 24 Luglio 2022 8:17

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L’omicidio di Dom Phillips e Bruno Pereira nella Vale do Javari. Il movente sarebbe legato alla pesca di pirarucu, proibita nelle aree indigene

 

Sono ora formalmente accusati i tre pescatori coinvolti nell’omicidio di Bruno Pereira e di Dom Phillips: la Giustizia federale di Tabatinga ha accettato venerdì la denuncia presentata dal Pubblico ministero federale contro Amarildo da Costa Oliveira, alias “Pelado”, suo fratello Oseney da Costa de Oliveira, chiamato “Dos Santos”, e Jefferson da Silva Lima, “Pelado da Dinha”, accusati di duplice assassinio e occultamento di cadavere.

AMARILDO, arrestato il 7 giugno, due giorni dopo la scomparsa di Bruno e Dom, per possesso di droga e di armi, era stato il primo a confessare il suo coinvolgimento nel crimine, dichiarando che l’indigenista e il giornalista erano stati uccisi, fatti a pezzi e bruciati e accompagnando gli investigatori nel luogo inaccessibile della Vale do Javari in cui si trovavano i loro resti.
Durante la ricostruzione dei fatti, “Pelado” aveva dichiarato che Jefferson, arrestato il 18 giugno e anche lui reo confesso, stava pescando illegalmente il prezioso pirarucu – un gigantesco pesce tipico dell’Amazzonia molto richiesto dai narcos della regione – nel fiume Itacoaí, quando aveva discusso con Bruno Pereira, che passava di lì insieme a Dom sulla lancia che sarebbe stata poi affondata e che aveva chiesto al giornalista di fotografare la scena. Le due vittime sarebbero state uccise dopo la discussione: Bruno sarebbe stato colpito da tre proiettili, uno dei quali alla schiena, e Dom sarebbe stato assassinato in quanto testimone.

Secondo le indagini, il movente potrebbe essere allora proprio la pesca di pirarucu, proibita nelle aree indigene (e permessa solo in aree ben delimitate e appena in alcuni mesi dell’anno). Un’attività illegale che, come il traffico di droga e il garimpo – tutte attività molto fiorenti sotto il governo Bolsonaro -, Bruno Pereira non si stancava di denunciare. «Era incapace di restare in silenzio quando l’avidità e la violenza dello stato e dei predatori della foresta strappavano la vita dalle terre indigene. Mentre in silenzio ascoltava la voce dei più anziani nei villaggi, imparando da loro altri modi di resistere nel mondo»: erano loro i suoi «migliori maestri, con i quali aveva appreso a intonare i canti della festa», ha ricordato in una nota l’Opi, l’Osservatorio dei diritti umani dei popoli indigeni isolati e di recente contatto.

IN TOTALE, ha riferito il delegato della polizia civile Alex Peres, sono state sentite più di venti persone, tra cui cinque familiari dei tre accusati, i quali hanno confessato di aver preso parte all’occultamento dei corpi di Bruno e di Dom e degli oggetti di loro proprietà. E il 7 luglio è stato arrestato, per uso di documenti falsi, anche Rubens Villar Coelho, noto come “Colômbia”, che ha ammesso di intrattenere relazioni commerciali con “Pelado”, ma che ha negato con decisione di essere coinvolto nell’assassinio. Secondo gli investigatori, tuttavia, l’uomo potrebbe aver utilizzato la vendita di pesce ottenuto illegalmente per riciclare denaro della droga proveniente dal Perù e dalla Colombia. Che “Colômbia” sia implicato, o che addirittura sia il mandante, non vi sarebbe però al momento alcuna prova certa.

E COSÌ RESTA ancora senza risposta la domanda che si pongono tutti nella Vale do Javari: chi ha ordinato di uccidere Bruno e Dom? Perché nessuno crede che i tre pescatori abbiano agito di propria iniziativa. E nessuno è disposto a dimenticare: «Dove cade uno, sorgeranno molti altri», scrive ancora l’Opi. «Continueranno a esserci canti nei terreiros, frecce negli archi, spiriti che abitano le foreste. I nemici dei popoli della Vale do Javari verranno sconfitti».

* Fonte/autore: Claudia Fanti, il manifesto[1]

 

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