Iraq. Al-Sadr dice basta e i seguaci si ritirano

Iraq. Al-Sadr dice basta e i seguaci si ritirano

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Ventiquattro ore di scontri tra milizie sciite a Baghdad e nel sud. Il religioso manda un messaggio: può creare le crisi e può risolverle. Ma non ha una soluzione politica in tasca

 

Hanno caricato materassi e tende sui tuk tuk, lasciato alla spicciolata il parlamento e gli uffici governativi, portato via i veicoli blindati e i lanciarazzi dalla Zona Verde: con il ritiro dei sostenitori e dei miliziani di Moqtada al-Sadr, nel primo pomeriggio di ieri su Baghdad è scesa una calma surreale, insieme a gruppi di netturbini a ripulire i segni di una battaglia che ha rischiato di tramutarsi in guerra civile.

DOPO UNA NOTTE di guerriglia, sul terreno sono rimasti in 30, uccisi nel fuoco incrociato dell’esercito, delle milizie sadriste, le Saraya Salam, e quelle delle coalizione filo-iraniana Coordination Framework.

Il rimbombo cupo di lanciarazzi, granate e kalashnikov ha lasciato sveglia l’intera città. Poi, ieri mattina, da Najaf ha parlato al-Sadr, il leader religioso sciita il cui annuncio di ritiro dalla vita politica aveva provocato appena 24 ore prima l’assalto alla Zona Verde da parte di migliaia di suoi sostenitori.

«Questa non è una rivoluzione perché ha perso il suo carattere pacifico. Versare sangue iracheno è proibito – ha detto al-Sadr in diretta tv, i capelli imbiancati dal tempo, la voce ferma – Entro 60 minuti se il movimento sadrista non si ritirerà, incluso il presidio al parlamento, allora lo lascerò». Il ritiro è stato immediato, a Baghdad, a Bassora, a Dhi Qar.

POCO DOPO l’esercito ha annunciato la sospensione del coprifuoco nazionale totale e il premier ad interim Mustafa al-Kadhimi ha lodato il religioso (suo alleato di fatto, i riferimenti politici esterni sono molto simili: Turchia, Golfo, Usa, solo un pizzico di Iran perché farci i conti è inevitabile): «L’appello di sua Eminenza rappresenta il più alto livello di patriottismo e di desiderio di preservare il sangue iracheno».

In contemporanea l’Iran riapriva i valichi di frontiera e i gruppi armati sciiti filo-Teheran si allontanavano dal centro delle città, dove fino a poche ore prima i sadristi avevano preso di mira le loro sedi a colpi di Rpg. Per tutta la notte molte delle milizie filo-iraniane si erano unite all’esercito a difesa della Zona Verde.

Molte ma non tutte: secondo fonti interne raccolte da Middle East Eye, le potentissime Badr Organization e Kataib Hezbollah si sono defilate. Forse sintomo dell’intenzione di evitare una guerra civile e di giungere a un’intesa con i sadristi. Supposizioni minori rispetto a quelle che per tutta la giornata di ieri hanno occupato gli analisti: al-Sadr ha vinto o ha perso?

IL LEADER RELIGIOSO ha dimostrato ai rivali politici il massimo livello possibile di controllo della propria base, la capacità di mobilitarla e di frenarla in una manciata di ore e di porre fine a una crisi esplosiva che il governo non sarebbe stato in grado di soffocare. Una base composita, che definire anti-iraniana è un errore politico: al-Sadr attinge la propria forza dalle masse più povere e marginalizzate, milioni di persone che gli riconoscono consenso sulla base di rivendicazioni spesso sociali ed economiche.

Dall’altra parte, la mossa di al-Sadr ha anche dimostrato l’incapacità di uscire dall’attuale stallo politico se non a fronte di soluzioni negoziate. La calma è tornata a Baghdad, ma potrebbe non durare: ponti tra le fazioni sciite non sono stati gettati, sebbene l’idea di elezioni anticipate non appaia più così stravagante nemmeno ai filo-iraniani. Né al presidente iracheno Saleh che ieri ha sostenuto il ritorno alle urne.

* Fonte/autore: Chiara Cruciati, il manifesto

 

 

ph by Khamenei.ir, CC BY 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/4.0>, via Wikimedia Commons



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