PECCATO che in Europa manchino le vie di fuga. Cioè «il problema è come fanno ad arrivare in Europa visto che gli Stati confinanti rendono quasi impossibile il transito via terra» fa notare Judith Wiebke, responsabile della Ong “Pro Asyl”.
Resterebbe la Finlandia, se non fosse che anche il governo di Sanna Marin sta preparando il giro di vite sui visti in entrata per i cittadini russi. Di fatto, l’unico ingresso Ue è la porta lasciata aperta da Viktor Orbán: ieri il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto, dopo aver discusso con l’omologo russo Sergei Lavrov ai margini dell’assemblea Onu, ha confermato che Budapest non seguirà lo stop di Bruxelles: «Continueremo a rilasciare i visti Schengen secondo le procedure previste dal trattato».

ANCHE COSÌ, comunque, per chi si oppone alla chiamata alle armi di Mosca manca il corridoio per raggiungere la Germania. «Da quando Putin ha proclamato la mobilitazione parziale sempre più russi ci contattano per sapere come possono materialmente lasciare il Paese» spiegano i volontari di “Pro Asyl” davanti alla mappa dell’Europa dell’Est costellata dei divieti di accesso di Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia.

«ABBIAMO BISOGNO di vie di fuga concrete invece che delle vaghe parole dei politici. A Berlino non possono limitarsi ad assicurare protezione a chi riuscirà ad arrivare in Germania» insiste Wiebke di fronte alle promesse della «soluzione comune europea» del governo Scholz.
Ma mancano anche le basi legali per accogliere gli oppositori politici, altra misura allo studio della coalizione Semaforo. «Come potranno provarlo i dissidenti? Quali sono i requisiti previsti dal governo?» domandano a “Pro Asyl”.
Di sicuro c’è solo che la «prassi decisionale» risulta aggiornata dallo scorso aprile. «L’obiezione di coscienza adesso di norma è un valido motivo per concedere l’asilo» spiegano all’Ufficio federale per l’immigrazione. Tuttavia, non si è registrato alcun significativo aumento delle domande da parte di cittadini russi dall’inizio della guerra in Ucraina.

BEN DIVERSA la condizione giuridica dei disertori: in teoria sono riconosciuti dalla sentenza della Corte europea del 2020 relativa ai rifugiati siriani obbligati al servizio militare (a cui è stato concesso l’asilo), ma il diritto tedesco continua a considerare come azione legittima di uno Stato la leva obbligatoria quanto la punizione in caso di rifiuto. Solo se la condanna è sproporzionata o frutto di persecuzione politica l’obiettore viene riconosciuto come rifugiato.

«LA GERMANIA ha già concesso visti umanitari a persone di alto profilo come i giornalisti critici, ma per la maggior parte dei russi non è una soluzione dato che le ambasciate tedesche in genere respingono le domande. Le dichiarazioni dei politici sulla Germania pronta ad accogliere chi non vuole imbracciare le armi cadono di fronte alla mancanza di possibilità pratiche» sottolinea “Pro Asyl”.

* Fonte/autore: Sabato Angieri, il manifesto[1]