Salario minimo: l’Europa approva, ma in Italia è bloccato

by Roberto Ciccarelli * | 15 Settembre 2022 10:07

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 Via libera dal parlamento europeo, Fratelli d’Italia e Lega votano «Sì». Ma per Meloni questa misura non è prioritaria in Italia. Le destre thatcherian-reaganiane la separano da altri interventi come la lotta ai contratti “pirata” o il taglio del “cuneo fiscale”. Esclusa una riforma progressiva del sistema fiscale, e parlano di “flat tax” che colpirà proprio chi ha bisogno di più reddito e salario minimo. E nel frattempo Pd e 5S si rinfacciano i loro fallimenti. L’Italia rischia di restare a lungo senza una misura presente in 21 paesi europei

 

L’approvazione della direttiva sul salario minimo da parte di una larga maggioranza del parlamento europeo a Strasburgo (505 voti favorevoli, 92 contrari e 44 astensioni) ha aperto ieri un altro fronte dello scontro elettorale in Italia e ha mostrato tutte le ragioni per cui non è stata varata una legge negli ultimi quattro anni. La direttiva non rende né automatica, né obbligatoria l’adozione di una misura che in Italia è rimasta nei cassetti.

CON IL NUOVO governo, a maggioranza di estrema destra come vaticinato dai sondaggi, la remota possibilità di introdurre un salario minimo rischia di diventare una chimera. Lo ha confermato ieri la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni che ieri a Genova ha detto: «Temo che il salario minimo non risolva il problema dei salari perché la maggioranza delle persone ha un contratto nazionale che prevede già un minimo salariale. Il problema è la tassazione sul lavoro. Se vuoi alzare i salari la prima cosa che devi fare è tagliare il cuneo fiscale. Questa è la priorità oggi. Questa e favorire e incentivare il lavoro».

IL RAGIONAMENTO non è nuovo. Lo abbiamo sentito già durante l’agonia del governo Draghi. Allora la questione del salario minimo è stata contrapposta alla contrattazione che nel nostro paese supererebbe l’80 per cento del lavoro dipendente, una soglia richiesta dalla direttiva europea. Da parte dei sindacati confederali c’è, a tale proposito, il timore che un salario minimo fissato per legge sia usato dalle imprese per indebolire la contrattazione. Inoltre Meloni vincola la questione salariale al taglio del costo del lavoro, senza chiarire quale sarebbe l’entità del taglio per i lavoratori e quale per le imprese. E esclude una riforma progressiva del sistema fiscale che oggi penalizza il lavoro dipendente. Un’eventualità esclusa dalle destre thatcherian-reaganiane che straparlano di «flat tax». Così facendo è stato neutralizzato il problema dell’assenza del salario minimo in Italia che resta uno dei sei paesi europei su 27 a non averlo.

COME SPESSO accade in Italia con tutti i diritti, sia quelli sociali che civili, anche sul salario minimo si sta giocando a scacchi a livello europeo e locale. A Strasburgo Lega e Fratelli d’Italia hanno votato a favore della norma. In Italia, invece, la pensano diversamente. Anche perché il dispositivo votato lascia per sua natura ampi margini di discrezionalità. «La direttiva non prevede alcun obbligo dal momento che la tutela è garantita dai contratti collettivi – dicono per esempio i leghisti – Ora si dovrà lavorare per contrastare i contratti pirata e quelli fonte di dumping salariale». Questioni più che note ma che non escludono l’introduzione di un salario minimo per chi, ad esempio, non rientra in un contratto nazionale, oppure per chi, pur avendolo, lavora al di sotto del minimo.

NELL’EMISFERO politico-elettorale opposto ieri è stato un rivendicare i meriti politici. Il Pd, membro del gruppo dei socialisti e democratici, ha cantato vittoria. Ma non ha spiegato la ragione per cui la misura non è stata adottata in Italia. I Cinque Stelle lo stesso. Loro che parlano di «salario minimo» almeno dal 2018 non lo hanno portato a casa. È uno dei fallimenti del governo «Conte 2» quando avrebbero potuto vararlo insieme. E invece è stato impallinato dai veti incrociati politici e sindacali. Con Draghi a Palazzo Chigi il ministro del lavoro Andrea Orlando ha proposto la complicata categoria di «trattamento economico complessivo». È rimasta sul tavolo e da lì non si è più mossa. Il suo collega, il ministro dell’agricoltura Stefano Patuanelli (M5S), ieri si è espresso in maniera irridente: «Il salario minimo è legale (con una soglia fissata per legge) o non è salario minimo, ma semplicemente un artificio retorico: le persone non fanno la spesa con il “trattamento economico complessivo” ma con il netto in busta paga».

* Fonte/autore: Roberto Ciccarelli, il manifesto[1]

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