Da Trump e QAnon, la destra USA e l’aggressione a Pelosi

Da Trump e QAnon, la destra USA e l’aggressione a Pelosi

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Allerta in vista del midterm dopo il ferimento del marito della presidente della Camera. I complottisti hanno già la loro versione: DePape era l’amante di Paul. Da oltre vent’anni la leader Dem è il principale bersaglio avversario

 

NEW YORK. L’imprenditore 82enne Paul Pelosi, marito della presidente democratica della Camera Nancy Pelosi, è stato ferito da un intruso che si è introdotto nella loro abitazione di San Francisco nella notte fra giovedì e venerdì.

L’aggressore è il 42enne David DePape, originario della British Columbia, in Canada, ma da tempo residente a Richmond, in California. Non sono state necessarie indagini approfondite per scoprire le ragioni dell’aggressione: DePape è entrato in casa Pelosi gridando «Dov’è Nancy?».

LA PRESIDENTE si trovava a Washington DC e Paul Pelosi è riuscito a lanciare l’allarme alla polizia. Arrivata, l’ha trovato a terra a lottare con DePape che lo ha colpito più volte con un martello, inferendogli traumi alla testa e al corpo.

Ora l’imprenditore è ancora in ospedale ma fuori pericolo, e il portavoce di Nancy Pelosi, Drew Hammill, ha dichiarato che si prevede un recupero completo.

DePape, invece, dovrà rispondere alle accuse di tentato omicidio, aggressione con arma letale, violazione di domicilio aggravata, più altri capi d’accusa minori. Quanto basta per tenerlo un bel po’ nella cella dove verrà rinchiuso.

Il ritratto dell’aggressore, dedotto dall’analisi dei suoi account social, riassume tutte le negatività attribuite al movimento trumpiano: dal complottismo di stampo Qanon all’antisemitismo, dalla retorica sulla funzionalità dell’emergenza pandemica alla censura dei media, fino all’oscurità delle trame dello Stato profondo.

DEPAPE AVEVA anche un blog personale che esponeva le sue teorie estreme e dove gli investigatori hanno trovato materiale sufficiente a non avere dubbi sul fatto che le sue azioni fossero motivate politicamente.

A 10 giorni dalle elezioni di metà mandato che si terranno l’8 novembre, l’assalto alimenta i timori su una possibile ondata di violenza, visto il clima politico al vetriolo ed estremamente polarizzato.

Dopo l’aggressione, con un bollettino ufficiale di allerta, il governo Usa ha annunciato una «crescente minaccia» di estremismo politico violento nei confronti di candidati e impiegati nel processo elettorale. L’8 novembre si decideranno il controllo della Camera dei rappresentanti e del Senato e la destra promette già ferro e fuoco in caso le elezioni non dovessero andare in suo favore.

Se gli investigatori non hanno dubbi sulla dinamica di un’aggressione motivata politicamente, per la destra trumpiana niente è chiaro. A destra la contro-narrativa emergente sul tentato omicidio di Pelosi è che l’aggressore di Paul fosse in realtà il suo amante.

OVVIAMENTE non ci sono prove dietro questa teoria, che si basa su una foto diffusa in rete dove si vedono i vetri rotti della porta finestra attraverso cui DePape ha fatto irruzione e che, secondo la base di Trump, proverebbe che il vetro è stato rotto dall’interno e non dall’esterno.

Al di là delle fantasiose ricostruzioni dei complottisti di destra, resta il segno dell’odio per Nancy Pelosi, che ha radici profonde: nel 2010 i repubblicani avevano lanciato un progetto, «Fire Pelosi», completo di un tour in autobus, un hashtag #FIREPELOSI e le immagini della presidente della Camera avvolta dalle fiamme in stile Ade.

Undici anni dopo, il leader della minoranza Gop alla Camera Kevin McCarthy aveva detto che, se fosse diventato il nuovo leader della Camera, per lui sarebbe stato difficile «non colpire Pelosi con il martelletto dello speaker».

È da almeno 20 anni che Pelosi è uno dei principali bersagli negli annunci delle campagne elettorali del Gop. Per un’ampia fascia di repubblicani, è il nemico numero uno, il bersaglio della rabbia collettiva, del pensiero cospiratorio e della palese misoginia che hanno segnato la svolta di estrema destra del partito repubblicano degli ultimi anni.

I MEME anti-Pelosi sono i più crudi e violenti, la sua faccia con tanto di corna da diavolo o svastica era sui cartelli in tutte le manifestazioni di destra che hanno portato all’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2020.

Da Philadelphia Biden ha commentato l’accaduto definendo l’attacco «spregevole» e dicendo che «tutti devono schierarsi senza ambiguità contro la violenza in politica». Da parte del Gop, però, questa condanna netta della violenza non è ancora arrivata.

* Fonte/autore: Marina Catucci, il manifesto



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