Terremoto dell’Aquila, per il tribunale il 30% della colpa è dei morti
Il tribunale civile taglia i risarcimenti per 29 vittime del terremoto: «Dormivano, incauti»
L’AQUILA. «Voglio anche io il 30% di responsabilità». Non sono molti, nel freddo dell’Aquila, ma i cartelli, con questa scritta, campeggiano, all’imbrunire, in un sit-in al Parco della Memoria. Essi testimoniano l’aperto dissenso della città nei confronti di una sentenza che si è abbattuta, come un fulmine, sul capoluogo d’Abruzzo. È stata emessa dal Tribunale civile che, accogliendo un’eccezione sollevata dall’Avvocatura di Stato, ha attribuito il 30% della colpa, per i morti causati dal sisma del 2009, alle stesse vittime.
IL VERDETTO delle scorse ore è arrivato a seguito del ricorso di alcune famiglie che hanno chiesto di essere risarcite per la perdita dei propri cari nel crollo della palazzina di Via Campo di Fossa, sotto cui sono rimasti sepolti in 29. Hanno inoltre chiesto la «condanna in solido» dei ministeri delle Infrastrutture e dei Trasporti e dell’Interno, della Prefettura, del Genio Civile, del Comune dell’Aquila, e degli eredi del costruttore Luigi Del Beato. Per i ricorrenti, «il collasso della palazzina è imputabile a gravi vizi di progettazione e di realizzazione, nonché carenze nel calcestruzzo, quanto a elevata variabilità del materiale impiegato e cattiva esecuzione nella ripresa dei getti, come documentato dalle consulenze tecniche espletate». Negli atti hanno anche evidenziato che si tratta di edificio «difforme dalle norme all’epoca vigenti» e sottolineato l’omessa vigilanza degli enti preposti.
OK DEL GIUDICE Monica Croci al risarcimento, ma solo parziale. La sentenza, infatti, attribuisce il 40% di colpa agli eredi del costruttore; il 15% a ciascuno dei ministeri tirati in ballo. Ma – recita il dispositivo – «è fondata l’eccezione di concorso di colpa delle vittime, costituendo obiettivamente una condotta incauta, quella di trattenersi a dormire, così privandosi della possibilità di allontanarsi immediatamente dall’edificio al verificarsi della scossa…».
«VERGOGNA INFINITA – commenta l’avvocato Maria Grazia Piccinini, di Lanciano (Ch), madre di Ilaria Rambaldi, studentessa universitaria di Ingegneria deceduta in Via Campo di Fossa – attribuire colpe alle vittime, perché significa non conoscere la storia di quel sisma e gli eventi che hanno preceduto il disastro. Una ricostruzione fantasiosa, con concetti precostituiti. Erano le 3.32, dove doveva stare mia figlia, se non a dormire? A L’Aquila, dopo le prime scosse, tutti sono rientrati. Non c’era un allarme, non c’era un campo dove potersi rifugiare, non c’era nulla. Dove sarebbe dovuta andare mia figlia?». «Arrabbiato a attonito» si definisce l’allora sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, che ricorda «il bollettino rassicurante della Protezione civile regionale del 30 marzo. Parlava di normale andamento sismico». «Un pericoloso precedente», secondo la senatrice pentastellata Gabriella Di Girolamo, mentre il forzista Antonio Tajani in un tweet spera in «una riforma in appello». Vincenzo Vittorini dell’associazione «309 martiri dell’Aquila», che sotto le macerie ha perso moglie e figlia, dichiara che è una sentenza «assurda, scandalosa e offensiva» che «lascia esterrefatti, perché è assurdo imputare una concausa alle vittime rimaste a casa quando una sentenza passata in giudicato ha acclarato che ci fu una rassicurazione della popolazione, con la condanna dell’allora vice capo del Dipartimento della Protezione civile».
«NESSUNO DI NOI aquilani – fa presente Fabrizio Giustizieri, tra coloro che hanno inscenato la pacifica protesta – quella notte ha pensato di dormire fuori casa perché nelle settimane e nei giorni precedenti eravamo stati ampiamente rassicurati da autorità ed esperti. Tutti, qui, ricordiamo l’intervista di Bernardo De Bernardinis, l’unico condannato dopo il disastro a due anni, nel processo d’Appello alla Commissione Grandi Rischi. “Più scosse ci sono, – affermò – meglio è, significa che sta rilasciando energia”, che scarica. Quindi, siccome le scosse forti, quella notte c’erano già state, pensavamo che il peggio fosse passato. Poi, visto che lo sciame sismico andava avanti da sei mesi, avremmo dovuto dormire fuori casa per mesi. Ma, ripeto, nessuno, per le rassicurazioni avute, nessuno ha pensato, quella sera, ad una catastrofe imminente».
* Fonte/autore: Serena Giannico, il manifesto
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