Iran. Messaggio di morte all’Europa: impiccato l’ex viceministro Akbari

by Farian Sabahi * | 15 Gennaio 2023 9:28

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L’ex vice ministro della Difesa e cittadino britannico accusato di spionaggio a favore del Regno Unito. Intanto la popolazione iraniana fa i conti con un inverno senza gas

 

Il regime iraniano non ha nessuna pietà, nemmeno per chi è stato operativo nei suoi ranghi. Condannato per spionaggio a favore di Londra in cambio di due milioni di dollari, l’ex viceministro della Difesa Alireza Akbari è stato impiccato ieri mattina. Intimidazione e vendetta sono le chiavi per comprenderne le ragioni.

AKBARI ERA un uomo di regime, il cappio attorno al suo collo serve a intimidire chi, all’interno dell’establishment di Teheran, potrebbe voler un compromesso e quindi accontentare i manifestanti.

Inoltre, la sua morte violenta è una vendetta di Teheran contro Londra, accusata di impicciarsi degli affari interni all’Iran anche dal punto di vista mediatico, tenuto conto del ruolo fondamentale esercitato in questi decenni – e in questi mesi di proteste – dal canale in persiano dell’emittente britannica Bbc nel verificare e diffondere le notizie della repressione.

Akbari aveva 61 anni e doppia nazionalità, iraniana e britannica. Come tanti altri, era una pedina in un grande gioco in cui gli ostaggi vengono scambiati, o rilasciati in cambio di denaro.

Veterano della guerra Iran-Iraq (1980-88), durante la presidenza del riformatore Khatami (1997-2005) – contrassegnata da un’apertura – era stato vice del ministro della Difesa Ali Shamkhani e suo consigliere durante il suo servizio come comandante della Marina.

Shamkhani è attualmente il segretario generale del Consiglio supremo di Sicurezza nazionale, dove Akbari aveva un posto nella sua segreteria. Lasciato l’incarico ministeriale, Akbari si era occupato di consulenze nel settore privato e in seguito si era trasferito nel Regno unito acquisendo la cittadinanza britannica.

NEL MARZO 2019 era stato attirato in Iran con il pretesto di prendere parte alle trattative sull’accordo nucleare, fatto naufragare dal presidente statunitense Donald Trump.

Un trabocchetto: varcato il confine, era stato arrestato e accusato di «corruzione sulla terra e di aver agito per minare la sicurezza dell’Iran all’interno e all’esterno del Paese attraverso il trasferimento di informazioni al servizio di intelligence britannico, SIS (MI6), grazie al suo accesso a istituti sensibili».

Era stato accusato di «aver passato informazioni sullo scienziato nucleare Mohsen Fakhrizadeh», che avrebbero portato al suo assassinio nel 2020, un omicidio di cui Teheran ritiene Israele il mandante.

Akbari è stato torturato per 3.600 ore, anche sotto l’effetto di droghe. Le confessioni gli erano state estorte e, per renderle più credibili, gli erano stati dati abiti nuovi e gli era stato chiesto di tingersi i capelli.

L’IMPICCAGIONE di Akbari non ha granché a che vedere con questi quattro mesi di proteste scatenate dalla morte della 22enne curda Mahsa Amini, quanto con la rabbia della leadership di Teheran nei confronti di quell’Europa che non ha voluto e non è stata in grado di tenere in piedi l’accordo nucleare dopo l’uscita unilaterale degli Stati uniti nel 2018.

Tirandosi indietro, l’Europa ha contribuito ad affossare l’economia iraniana. Ed è quella stessa Europa che ora, in seguito alla repressione di regime, si appresta – Regno Unito in primis – a inserire le Guardie rivoluzionarie (i pasdaran) nella lista dei terroristi.

Londra ha condannato l’esecuzione, definendola «barbara» e ha imposto sanzioni nei confronti del procuratore generale iraniano Mohammad Jafar Montazeri.

In risposta, il ministero degli Esteri di Teheran ha convocato l’ambasciatore britannico Simon Shercliff e deplorato gli «atti di sabotaggio del governo britannico, contrari alla sicurezza nazionale dell’Iran».

E aggiunto: «All’inviato è stato detto che le mosse non convenzionali del Regno unito non saranno tollerate dall’Iran e che il sostegno malizioso di Londra alle spie non è compatibile con i legami bilaterali, basati sul rispetto reciproco».

SE LA MAGISTRATURA iraniana ha impiccato Akbari è anche per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica iraniana, arrabbiata per la chiusura di quasi tutti gli uffici e le scuole della capitale Teheran per risparmiare energia a causa della carenza di gas nel momento in cui un’ondata di freddo attraversa l’Iran. Ieri sono restati aperti solo banche e servizi di emergenza.

Le misure hanno suscitato forti critiche tra la popolazione: l’Iran è al secondo posto al mondo per riserve di gas ma, a causa delle sanzioni internazionali, non è possibile ampliare e rinnovare le infrastrutture.

* Fonte/autore: Farian Sabahi, il manifesto[1]

 

 

Photo by ANF News

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