A inizio della sfida ha detto che avrebbe cercato di organizzare un summit della pace sul conflitto ucraino a Praga e aveva criticato Pavel per una dichiarazione, in cui l’ex militare diceva di non credere alla pace eterna. Nel settembre 2022 100mila persone a Praga, al grido di «Prima la Repubblica ceca» avevano protestato chiedendo le dimissioni del premier Fjala accusato di essere subalterno all’Ue e alla Nato e criticando le sanzioni imposte alla Russia di fronte alla crisi energetica ceca..

Ma la campagna elettorale di due settimane, considerata dai commentatori molto dura, non ha scalfito i rapporti di forza. Pavel ha accolto l’elettorato dei candidati d’orientamento liberale e conservatore, mentre Babiš ha fatto l’en plein soprattutto nelle periferie e nelle aree più povere.

Soddisfatti gli esponenti del governo di centrodestra. Come nell’ordinamento italiano, anche il Repubblica Ceca il presidente ha un ruolo rappresentativo, ma il suo peso cresce nelle crisi governative e dopo le elezioni. A una coalizione molto larga, come quella al potere a Praga, quindi conviene non avere un capo di stato ostile in eventuali periodi di attrito. Si è detto soddisfatto anche Babiš, che ha ottenuto più voti del suo partito personale. Secondo molti, il miliardario ha già in mente le prossime legislative, che si terranno però tra più di due anni.

* Fonte/autore: Otomar Sojka, il manifesto[1]