Il network di promotori in calce all’appello è ampio. Una quarantina di sigle: dalla neonata Rete 26 febbraio alla Cgil, dall’Anpi all’Arci, dall’universo cattolico alle Ong, fino al quotidiano il manifesto. «La strage di Cutro non è stato un incidente imprevedibile» dicono i promotori. È solo l’ultima di una lunga serie di tragedie che si dovevano e potevano evitare. I migranti che partono sono obbligati a farlo rischiando la vita «a causa dell’assenza di canali sicuri e legali di accesso. I governi hanno concentrato i loro sforzi solo sull’obiettivo di impedire le partenze, obbligando chi fugge da guerre, persecuzioni e povertà a rivolgersi ai trafficanti. Se le persone morte in mare avessero potuto chiedere e ottenere un visto umanitario non avrebbero rischiato la vita». Sulle responsabilità delle autorità competenti indagherà la magistratura. «Ma chi ha responsabilità politiche non può scaricare sulle vittime il peso di una strage. È arrivato il momento di fermare le stragi»

Il popolo dell’umanità si dà appuntamento sul lungomare di Steccato alle 14. Per poi marciare verso la spiaggia. L’obiettivo è «un’indagine seria che faccia chiarezza». A chi non potrà essere presente a Steccato viene chiesto di indossare una «fascia bianca» in segno di adesione.

Il governo giovedì sarà a Cutro, a una decina di chilometri di distanza dalla spiaggia. Il sindaco Antonio Ceraso, che sta «con Piantedosi» e si preoccupa della «bonifica del mare» altrimenti «i turisti non torneranno più», è già pronto ad accogliere la carovana di palazzo Chigi. Lui, che da capo dei vigili urbani cutresi fu chiamato trent’anni fa a guidare la polizia municipale di Crotone dal sindaco ex missino Pasquale Senatore. Il governo proverà così a levarsi di dosso l’onta dello sdegno che monta nel paese. I manifestanti dell’11 marzo ricorderanno a Meloni e ai ministri le loro responsabilità.

* Fonte/autore: Silvio Messinetti, il manifesto[1]