Sono state avanzate diverse ipotesi sui responsabili del lancio dei 34 razzi. Il primo indiziato è stato Hezbollah, alleato dell’Iran e storico avversario di Israele contro il quale ha combattuto una guerra nel 2006 nel Libano del sud. Il movimento sciita libanese appena qualche ora prima dell’attacco aveva espresso pieno sostegno ai palestinesi e una condanna ferma delle incursioni della polizia israeliana sulla Spianata di Gerusalemme, avvertendo che queste azioni avrebbero senza alcun dubbio avuto una risposta. Sono stati proprio i comandi militari e di intelligence ad escludere un coinvolgimento diretto di Hezbollah, non interessato, secondo la loro valutazione, a un nuovo ampio conflitto con Israele. Allo stesso tempo in Libano del sud non si muove una foglia senza il consenso del movimento sciita di resistenza. Secondo Israele, ma lo pensano anche gli analisti arabi e palestinesi, a sparare i katiusha potrebbe essere stata una cellula del movimento islamico Hamas, con il via libera di Hezbollah. Da due anni, dalle tensioni di Sheikh Jarrah, Hamas ripete che reagirà a qualsiasi attacco contro Al Aqsa e nel maggio del 2021 si è scontrato di nuovo con Israele. Tuttavia, un portavoce in Libano del movimento islamico – che nei giorni scorsi ha dato luce verde al lancio di 27 razzi da Gaza verso il sud di Israele – ha negato ogni coinvolgimento. È il gioco delle parti, in cui tutti negano per evitare una guerra vera? Forse, ma non è da escludere che ad agire siano stati gruppi agli ordini diretti di Teheran. Da alcuni giorni Israele ha intensificato i raid aerei e missilistici contro presunte basi dell’Iran in Siria uccidendo anche due ufficiali dei Pasdaran. Morti alle quali l’Iran ha replicato qualche giorno fa lanciando dalla Siria un drone nello spazio aereo israeliano.

Usa e Francia hanno condannato l’attacco subito da Israele. Washington ha sottolineato il «diritto alla autodifesa» dello Stato ebraico. Altri parti invece hanno invitato alla calma, a non cercare l’escalation. In particolare, l’Unifil, il contingente di interposizione tra Israele e Libano, e il segretario generale dell’Onu Guterres. I comandi militari israeliani ieri sera smentivano di aver reagito con cannonate un raid aereo all’attacco giunto dal Libano. Però è probabile che lo facciano presto. In anticipo sulla riunione del gabinetto di sicurezza convocato in serata dal premier Netanyahu, il ministro della difesa Yoav Gallant ha chiesto ai vertici di Esercito, Aviazione e Marina di preparare i piani per la risposta da dare al Libano. Da parte sua Beirut, dopo una riunione tra il premier Mikati e il ministro degli esteri Abdallah Bou Habib, ha chiesto alla comunità internazionale di impedire la rappresaglia israeliana. Ma è difficile che dal gabinetto di sicurezza israeliana non esca una reazione forte, considerando anche i leader dell’opposizione Yair Lapid e Benny Gantz hanno dato pieno sostegno all’azione di sicurezza del governo che contestavano fino a qualche giorno fa sulla riforma giudiziaria. Il ministero degli esteri ha inviato una direttiva agli ambasciatori israeliani per invitarli a spiegare nel mondo che Israele risponderà.

A Gerusalemme, nel frattempo, la tensione è sempre alta dopo i pestaggi di fedeli palestinesi e le centinaia di arresti. Ieri sera si temevano nuovi raid della polizia sulla Spianata. La leader del partito Meretz (sinistra) Zahava Galon ha accusato il ministro della Sicurezza Itamar Ben Gvir di essere la causa dei lanci di razzi contro Israele per le politiche provocatorie che ha svolto sulla Spianata delle moschee.

* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto