Guatemala. Il golpe elettorale passa per il tribunale

by Claudia Fanti * | 14 Luglio 2023 10:28

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Sospeso il Movimiento Semilla: non potrà andare al ballottaggio il 20 agosto

 

Era apparsa come una piccola luce di speranza, al termine di una delle maggiori farse elettorali degli ultimi tempi, l’ingresso al ballottaggio, alle presidenziali guatemalteche, del candidato del Movimiento Semilla, il sociologo Bernardo Arévalo. Ma anche quel timido barlume democratico, forse non abbastanza forte per imporsi al secondo turno del prossimo 20 agosto, rischia di essere spazzato via dall’ultimo e più clamoroso atto di un golpe elettorale in preparazione già da tempo: la sospensione della personalità giuridica del Movimiento Semilla, con la sua relativa esclusione dal processo elettorale, ordinata mercoledì dal Settimo Tribunale di prima istanza penale su richiesta della Procura speciale contro l’impunità (Feci) presieduta da Rafael Curruchiche.

UN CURRICULUM che parla da solo, quello del capo della Feci, nominato dalla screditatissima procuratrice generale Consuelo Porras in sostituzione di Juan Francisco Sandoval, l’avvocato, destituito tra le proteste popolari e costretto a lasciare il paese, che aveva guidato le più importanti indagini anti-corruzione nella storia guatemalteca, comprese quelle relative all’attuale presidente Alejandro Giammattei.
Appena assunta la carica, nell’agosto del 2021, Curruchiche – già contestato per indagini sospette come quella sul finanziamento illecito a favore del Frente de Convergencia Nacional, il partito dell’odiato ex presidente Jimmy Morales – si era subito speso a favore di Giammattei, accusato di aver ricevuto due tangenti (una da parte dei russi e l’altra da parte di un ex ministro).

ED È STATO proprio lui a rendere nota la sospensione del partito di Bernardo Arévalo – giunto secondo con il 12% dei voti, al primo turno del 25 giugno scorso, dietro la ex first lady Sandra Torres (candidata della Unidad Nacional de la Esperanza) – a partire da una denuncia presentata nel maggio del 2022 da parte di un cittadino che sosteneva di essere stato affiliato al partito senza il suo consenso. Solo una montatura, secondo i rappresentanti di Semilla, secondo cui il Registro del Ciudadano del Tribunale supremo elettorale (Tse) aveva già ispezionato a fondo la documentazione del partito senza registrare alcuna irregolarità.

Non bastava, dunque, l’esclusione dal processo elettorale di ben tre candidati con buone chance di vittoria, a cominciare dall’indigena Thelma Cabrera, candidata del Movimiento para la Liberación de los Pueblos insieme al suo vice Jordán Rodas, ex procuratore impegnato sul versante dei diritti umani. Né la lunga sospensione dei risultati del primo turno, decisa dalla Corte costituzionale in seguito alle infondate denunce di frode presentate da nove partiti, a partire da Vamos, il partito di Giammattei, il cui candidato Manuel Conde, giunto terzo, si era visto escluso dal ballottaggio.
A mali estremi, estremi rimedi. E, così, senza un proprio candidato al secondo turno su cui fare pieno affidamento, le forze oligarchiche sono ricorse a una nuova misura, per quanto drastica: l’inaudita cancellazione di un partito in pieno processo elettorale.

MA NON È FINITA QUI. Perché, quasi nello stesso momento in cui Curruchiche faceva il suo annuncio, il Tribunale supremo elettorale provvedeva a ufficializzare finalmente i risultati del primo turno, con il conseguente via libera al ballottaggio tra Sandra Torres e Bernardo Arévalo.
E mentre il paese precipita di nuovo nell’incertezza, diverse organizzazioni sociali, come Transparencia Internacional e Acción Ciudadana, denunciano il tentativo di golpe elettorale, chiedendo al Tse di ignorare l’«illegale» risoluzione giudiziaria contro Semilla.
«In gioco non ci siamo solo noi, non c’è solo Semilla. È qualcosa che riguarda tutto il paese», ha commentato Arévalo su Twitter: «I potenti non vogliono che il popolo decida liberamente del suo futuro, ma non ce la faranno. Il seme del cambiamento e della speranza non verrà calpestato».

* Fonte/autore: Claudia Fanti, il manifesto[1]

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