La protesta contro il Ddl repressione arriva al Senato
La piazza «in difesa del dissenso» in corteo fino all’ingresso di Palazzo Madama. Dove già si litiga sui tempi per l’esame del provvedimento. Schlein: «In parlamento daremo battaglia, ma in questo momento serve la mobilitazione»
ROMA. «Cor-teo! Cor-teo». Una voce rauca, tra il serio e il faceto, invita a infrangere subito le regole. In effetti il budello di piazza visoni, un’ansa di corso Vittorio subito dopo largo Argentina, non basta a raccogliere tutte le persone che sono venute a protestare contro il Ddl sicurezza.
Ci sono i sindacati Cgil e Uil, ma senza leader impegnati nelle consultazioni con il governo per il Piano strutturale di bilancio, delegazioni delle forze politiche di opposizione con leader, le associazioni e le organizzazioni sociali che hanno sentito il bisogno di unirsi per provare ad allentare la morsa repressiva sul dissenso e sulle forme di vita considerate non compatibili.
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E ALLORA, con una manovra collettiva che di questi tempi appare liberatoria, si prova l’ebbrezza di bloccare la strada e ci si sposta tutti verso piazza Navona, lambendo Palazzo Madama e rispuntando di fronte al portone principale di fronte a via della Posta vecchia.
Qui si fermano le centinaia di partecipanti che si sono ritrovati a Roma, in rete con i tanti che in molte città d’Italia da Palermo a Milano hanno manifestato davanti alle prefetture.
Qui ci contiamo e ci guardiamo in faccia, quelli che ci sono, quelli che sono in un’altra piazza e quelli che vorrebbero esserci ma è come se ci fossero. Come i detenuti del carcere romano di Rebibbia della redazione Radio Rebibbia/Jailhouse rock, che ci fanno arrivare un messaggio col quale si schierano «contro il disegno di legge liberticida che chiamano Ddl sicurezza». «Aderiamo perché le norme ci riguardano direttamente, con le misure repressive che disegnano un carcere sempre più disumano, dove non ci si potrà più neanche rifiutare di eseguire un ordine sbagliato – affermano – Aderiamo sperando anche che chi oggi si oppone al disegno di legge prenda coscienza del fatto che spesso nelle carceri si sperimentano quelle misure liberticide, col silenzio quando non col consenso generale, che poi vengono applicate a tutta la società. Forse è arrivato il momento che ve ne rendiate conto».
SBUCA, CON il sorriso sereno di chi sa di essere dalla parte giusta, anche l’assessore del municipio Roma III Luca Blasi. Arriva braccato dalle telecamere retequattriste che da giorni gli stanno alle calcagna. Sono le stesse che hanno montato l’emergenza inesistente delle case occupate a innocue vecchine che si erano allontanate per fare la spesa che ha preparato il terreno per questo Ddl.
Da giorni pedinano Blasi fin da quando esce da casa. Lo fanno perché ha dichiarato pubblicamente di vivere in una casa occupata dell’Inps che era altrimenti destinata ad essere svenduta sul mercato. Sperano che perda la pazienza, che gli regali qualche scenataccia da mandare in onda, ma restano delusi.
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I giovani della Rete degli studenti si piazzano davanti, cantano slogan antifascisti e urlano «Libertà». Ai lati quelli di Amnesty international sottolineano l’allarme per i diritti fondamentali, mentre più dietro i leader promettono battaglia in parlamento.
Perché, dice Nicola Fratoianni, «quando si arriva a rendere un reato penale il dissenso e il diritto a manifestare la qualità della democrazia è in pericolo».
Giuseppe Conte: «Abbiamo fatto un passo indietro anche rispetto al codice Rocco. Sono stati introdotti venti nuovi reati, ovviamente non contro la classe politica, ma contro le persone comuni».
Riccardo Magi, di +Europa, si dice sicuro che i nuovi reati o aumenti di pena introdotti dal Ddl 1660 «saranno tutti bocciati dai tribunali e della Corte costituzionale». Ma, aggiunge, «ci vorranno anni e nel frattempo avranno creato danni ai cittadini, aumentato la conflittualità, la tensione sociale e anche danni alle imprese».
Ancora più in là sbuca Elly Schlein: «Il Ddl lo contrasteremo in parlamento – assicura – Ma è importante anche questa forte mobilitazione sociale».
Alla fine arriva anche Landini. «Non condividiamo e chiediamo il ritiro del provvedimento sull’autonomia differenziata, del ddl sicurezza e del collegato al lavoro, in discussione in parlamento. Questi provvedimenti, messi insieme, stanno riducendo la libertà di esistere delle persone» annuncia il segretario generale della Cgil.
MA, APPUNTO, il braccio di ferro nel palazzo, è cominciato. Il disegno di legge si incardina nelle commissioni giustizia e affari costituzionali. Secondo quanto stabilito dall’Ufficio di presidenza, comincerà il suo iter martedì prossimo.
I senatori di opposizione chiedono un ampio ciclo di audizioni. Dalla piazza, il capogruppo Avs Peppe De Cristofaro spiega: «Visto il carattere regressivo delle norme abbiamo chiesto che la commissione svolga approfondite audizioni e che la maggioranza non pensi a scorciatoie. Quindi nessuna priorità su altri provvedimenti o altri giochetti per approvare in tempi brevi questo che è un disegno di legge e non un decreto che ha una scadenza prefissata».
Qualcuno ricorda che nel caso della legge sul fine vita la maggioranza fece lievitare le audizioni fino a novanta. Adesso, la destra dice di voler contingentare il numero delle audizioni, limitandole a una cinquantina.
* Fonte/autore: Giuliano Santoro, il manifesto
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