Il prossimo obiettivo del «Nuovo Ordine» di Israele è la Siria
La Siria sarebbe fondamentale per i trasferimenti di armi dall’Iran a Hezbollah, affermano gli israeliani. Intanto il governo Netanyahu sarebbe pronto a lanciare l’attacco a Teheran tra domani e martedì
GERUSALEMME. L’aviazione israeliana è pronta a un attacco «significativo» in Iran che potrebbe scattare domani, in occasione dell’anniversario del 7 ottobre, o forse martedì. Lo prevedono i media israeliani riferendo voci che lasciano filtrare dai vertici politici e militari. Teheran minimizza il pericolo, ma nella capitale iraniana regna lo stato di allerta. Il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, dopo la sua visita a sorpresa in Libano, è arrivato ieri a Damasco per discutere con presidente Bashar Assad della situazione in Medio oriente. Le due parti hanno riaffermato l’alleanza che le unisce da oltre quarant’anni. «Tutti i paesi che sostengono il movimento di resistenza contro il regime sionista dovrebbero coordinare gli sforzi per porre fine alle aggressioni (di Israele)», ha auspicato Araghchi, aggiungendo che il recente attacco missilistico di Teheran «ha dato una lezione sul fatto che l’asse della resistenza è in grado di compiere deterrenza verso il nemico e sventarne i complotti». Araghchi, allo stesso tempo, ha parlato di un «impegno iraniano» a favore di una tregua in Libano e Gaza. Parole che forse hanno voluto rassicurare Assad che non intende rimanere coinvolto nel conflitto in espansione nella regione e mantiene una posizione di basso profilo. I motivi di questa linea sono molteplici.
La Siria pur essendosi più o meno «normalizzata» dopo un decennio di guerra interna con centinaia di migliaia di morti, resta in bilico. La sua economia è a pezzi, l’instabilità regna nelle aree orientali dove agiscono ancora bande armate dell’Isis e il presidente Assad pur aver recuperato grazie all’aiuto militare russo il controllo di una buona parte del territorio nazionale non ha autorità sul nord-est sotto l’autoproclamata autonomia curda (garantita dagli Usa) e sulla provincia nordoccidentale di Idlib nelle mani di Ha’yat Tahrir as Sham (qaedisti) e di altre formazioni islamiste radicali protette dalla Turchia.
Damasco regge grazie a Mosca, al sostegno dell’Iran e all’aiuto all’esercito regolare assicurato dalle milizie sciite di vari paesi arrivate negli anni passati in Siria, tra cui Hezbollah. Un quadro che però espone la Siria a frequenti bombardamenti israeliani che prendono di mira, almeno questo afferma Tel Aviv, i rifornimenti di armi da Teheran a Hezbollah e le postazioni della Guardia rivoluzionaria iraniana. La posizione di Damasco è destinata a complicarsi ulteriormente di fronte ai progetti di Benyamin Netanyahu per un «Nuovo Ordine» in Medio oriente con un Iran, nei suoi disegni, domato e sconfitto e un Israele egemone e alleato delle petromonarchie arabe.
Le forze armate israeliane già provano con le bombe a isolare il Libano dalla Siria. Negli ultimi giorni, anche ieri, hanno impedito l’arrivo dall’Iran di aerei da trasporto. Hanno bombardato nei pressi del valico di Masnaa privando i libanesi che scappano dalla guerra di un passaggio importante verso la Siria e hanno distrutto, pare, un tunnel sotterraneo tra i due paesi. Salgono forti in Israele le voci di chi chiede di «cacciare fuori l’Iran dalla Siria», poiché l’importanza strategica di questo paese per l’Iran aumenterà con il «declino di Hezbollah». Secondo il giornale Maariv «la posizione strategica della Siria, la debolezza di Assad e l’alleanza dell’Iran con la Russia» offrono a Teheran l’opportunità di «rimodellare la Siria». Condivide questa tesi un ex alto ufficiale dell’intelligence militare israeliana, Amit Yagur. «Israele – afferma – ha un’opportunità unica per respingere questa minaccia emergente. Considerato il coinvolgimento della Russia in Ucraina e le vulnerabilità della Siria, il momento è giusto per un’azione israeliana più forte». Invece di intraprendere una campagna militare a bassa intensità, esorta Yagur, «Israele deve rimuovere tutte le forze e milizie iraniane dal suolo siriano». Quindi suggerisce che le Forze armate israeliane emettano «un ultimatum, chiedendo all’Iran di ritirarsi dalla Siria entro 72 ore».
Gli israeliani puntano le loro armi verso la base «Imam Ali», vicino al confine con l’Iraq nella provincia di Deir Ezzor che, sostengono, è posizionata lungo la rotta usata dall’Iran per trasferire armi e uomini tra Iraq e Siria. Le minacce israeliane sono state prese molto seriamente dalle milizie siriane e straniere che si aspettano un aumento degli attacchi aerei. Ad Al Bukamal e Al Mayadeen cresce la mobilitazione e, secondo l’agenzia locale Al Khabour, sono giunti in zona esponenti religiosi e militari per sollecitare i miliziani a sostenere Hezbollah e il Libano e a prepararsi a difendere la Siria. L’attacco «significativo» di Israele contro l’Iran potrebbe includere raid simultanei in Siria, così come in Iraq e in Yemen contro gli alleati di Teheran
* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto
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