Francia. Con la legge finanziaria monta un’aria di tempesta politica, economica e sociale
Governo Barnier a rischio, il Rassemblement National sta valutando l’opportunità di votare la “censura” del Nuovo Fronte Popolare
PARIGI. Aria di tempesta politica, finanziaria e sociale in Francia. La Cgt ha convocato una giornata di manifestazioni e scioperi per il 12 dicembre, in reazione ai 250 piani di licenziamenti e chiusure di fabbriche che mettono a rischio 170/200mila posti di lavoro.
Il governo Barnier sarà ancora in carica per quella data? La risposta è nelle mani dell’estrema destra: il Rassemblement National sta valutando l’opportunità di votare la “censura” del Nuovo Fronte Popolare quando il governo Barnier farà ricorso all’arma del 49.3, cioè la fiducia rovesciata, per far passare senza voto la finanziaria 2025, che prevede 60 miliardi tra tagli e aumento di tasse per far fronte al deficit che supera il 6%.
La censura potrebbe anche arrivare prima della finanziaria, prevista intorno al 20 dicembre, già lunedì in occasione del bilancio sulla Sicurezza sociale (ieri però si cercava un compromesso tra Assemblée Nationale e Senato) o per il progetto di legge sulla fine gestione del 2024, il 6 dicembre.
Il governo è obbligato a passare per il 49.3 perché non ha la maggioranza. Il Rn valuta la mossa di votare la censura della sinistra in vista delle presidenziali: Marine Le Pen è a processo per uso improprio dei fondi del Parlamento europeo (sui 5 milioni di euro) e l’accusa ha chiesto anche l’ineleggibilità per 5 anni, come prevede la legge in forma automatica per i reati finanziari dei politici.
Creare il caos, puntando a spingere Macron alle dimissioni, potrebbe evitare la pena di ineleggibilità a Le Pen – la sentenza sarà il 31 marzo 2025 – anche se la decisione è pesante, perché il Rn non intende accollarsi la responsabilità di essere la causa del caos.
Intanto, è già in corso un mini terremoto finanziario, che il governo ha deciso di sfruttare a fondo, facendo paura ai francesi con uno “scenario alla greca”: i tassi di interesse imposti sul debito francese (3224 miliardi) sono saliti fino a raggiungere quelli della Grecia (solo un po’ al di sotto di quelli italiani), superando quelli di Portogallo e Spagna.
Lo spread con la Germania si allarga, è a 0,88 (era a 0,2 nel 2021), comportando un esborso per la Francia di 54,4 miliardi nel 2025 per prendere a prestito i 300 miliardi necessari (saliranno a 75 nel 2027, diventando la prima spesa dello stato).
L’avviso di tempesta sul governo sta creando scossoni nella coalizione di sinistra. Il Ps è nella tormenta, tra la pressione della France Insoumise e Barnier che fa di tutto per cercare di sedurlo: se il Ps (66 deputati) si sgancia dal Nuovo Fronte Popolare e non vota la censura, il governo non crolla.
Per il momento, la linea del Ps è per la censura e dovrebbe votare anche la proposta di annullare la riforma delle pensioni di Macron che la France Insoumise presenta giovedì ma a cui ha aggiunto anche la soppressione della riforma Touraine, che porta il nome di un’ex ministra socialista.
Il Ps pensa al dopo crollo del governo Barnier. Boris Vallaud, capogruppo Ps, propone una riflessione sulla «questione della non censura», cioè un accordo che permetta la governabilità: la prospettiva è un’intesa con l’area Macron (e con la destra Lr), unica possibilità numerica nell’Assemblée Nationale, uscita dal voto del 7 luglio divisa in tre blocchi, per evitare di essere alla mercé di una censura che unisca i voti del Nfp con quelli dell’estrema destra.
Jean-Luc Mélenchon, che preme per le dimissioni di Macron, accusa il Ps: «Sta organizzando un nuovo fronte con altri». E la coppia fatale Ségolène Royal-François Hollande è di nuovo in campo: Royal si ripropone come prima ministra per il dopo Barnier e Hollande, ridiventato deputato, sogna di tornare all’Eliseo.
* Fonte/autore: Anna Maria Merlo, il manifesto
Related Articles
La Libia precipita nel caos
Dopo Gheddafi. Assalto al parlamento a Tripoli e strage a Bengasi: 7 vittime tra cui un francese
Un’isola tra gli Emirati e l’Iran
Il piccolo lembo di Abu Musa, all’entrata dello Stretto di Hormuz, è il nuovo terreno del conflitto a distanza che stanno combattendo l’Iran sciita e le petromonarchie sunnite del Golfo, in attesa di quello diretto che, con ogni probabilità , divamperà in conseguenza di un attacco israeliano alle centrali nucleari iraniane.
Attacchi e frenate, sul palco i due volti di Grillo
Casaleggio e la folla inneggiano a Berlinguer. Canta Fabrizio Moro, insulti a Napolitano