Human rights watch: «Senza speranza» lo sfollamento dei palestinesi a Gaza

Human rights watch: «Senza speranza» lo sfollamento dei palestinesi a Gaza

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Errori e disordini nel sistema di evacuazione, nessuna destinazione sicura. L’Idf ha sfollato il 90 percento della popolazione palestinese, rivendicando la «Nakba di Gaza»

 

«Non avevamo idea di dove fossimo diretti. Quel periodo è stato il più difficile che abbia mai attraversato. Mi sembra di avere dei ricordi neri a cui non voglio aggrapparmi perché non voglio continuare a pensarci. Ero un peso per loro (la mia famiglia), un carico in più accanto alle loro cose. Non riuscivo a trovare nessun mezzo di trasporto. Anche le persone senza disabilità facevano fatica a camminare, quindi si può immaginare come fosse per una persona disabile».

La voce di Ghazal, quattordicenne palestinese affetta da paralisi celebrale, è una delle 39 raccolte nel nuovo rapporto di Human Rights Watch, dal titolo emblematico: «Senza speranza, affamati e assediati: lo sfollamento forzato dei palestinesi a Gaza da parte di Israele». 184 ordini di evacuazione, immagini satellitari, video e fotografie dimostrano la distruzione diffusa che Israele ha agito a Gaza negli ultimi 13 mesi. Insieme a gravi errori nel sistema di evacuazione e a numerosi attacchi alle zone designate come «sicure».

Ghazal ha perso i suoi dispositivi di assistenza nel corso di un bombardamento alla sua casa, l’11 ottobre 2023. Ha cercato di eseguire l’ordine di evacuazione verso sud, ma alla fine ha dovuto implorare la famiglia di lasciarla indietro.

Se l’articolo 39 della Convenzione di Ginevra stabilisce che i civili devono essere «evacuati in sicurezza», il rapporto di Hrw prova che le modalità con cui Israele ha sfollato la popolazione palestinese, dagli inizi dell’invasione, ha messo in pericolo di vita e spesso ucciso, piuttosto che proteggere. Istruzioni poco chiare, inaccurate, contradditorie: capire quale sia il momento giusto per spostarsi e quali destinazioni siano sicure – ammesso che ne siano rimaste – non è semplice, per un palestinese.

Decine di ordini sono stati emessi online proprio durante i periodi di blackout totale della rete di telecomunicazione a Gaza, alcuni sono stati annunciati mentre i bombardamenti erano in corso o già iniziati da ore, amplificando le sensazioni di paura, ansia, confusione con cui i civili convivono dall’inizio dell’invasione. Il diritto internazionale umanitario non specifica quanto tempo sia necessario ai civili per lasciare un’area, «ma sarebbe ragionevole supporre che i palestinesi di Gaza avrebbero dovuto ricevere l’ordine di andarsene in modo tempestivo e che fosse possibile ai civili di avere il tempo sufficiente per evacuare in sicurezza», continua il rapporto.

Nel rapporto di Hrw il racconto del primo luglio 2024, giorno in cui l’esercito israeliano ha emesso un ordine di evacuazione per Rafah e Khan Younis. Tra le zone coinvolte anche Al-Fukhari, dove si trova l’ospedale europeo, uno dei più grandi del sud.

La mattina successiva, l’esercito israeliano e il Coordinamento delle attività governative nei Territori (Cogat) hanno rilasciato un chiarimento in inglese sui loro account X, affermando che l’ospedale non era soggetto a evacuazione. La pagina Facebook araba del Cogat ha aggiornato il post sull’ordine di evacuazione, che tuttavia non è stato condiviso da nessuno degli account social media del portavoce arabo dell’esercito israeliano. Quando sono stati rilasciati i chiarimenti, il personale e i pazienti, con grande fatica, avevano già iniziato a fuggire dall’ospedale, verso destinazioni ignote.

A Gaza, infatti, tanto le vie d’uscita dai luoghi assediati quanto le destinazioni sono teatro dell’orrore. Le intenzioni di rendere impossibile la vita dentro la Striscia, d’altronde, non sono mai state nascoste: i ministri del governo di Tel Aviv hanno dichiarato, dai primi giorni dell’occupazione, che l’estensione territoriale verrà ridotta, che far saltare in aria e spianare Gaza è «bellissimo», e che la terra «sarà consegnata ai coloni».

Nel novembre del 2023, Avi Dichter, ministro israeliano dell’agricoltura e della sicurezza alimentare, ha fieramente rivendicato: «Stiamo eseguendo la Nakba di Gaza», fino all’ultimo trionfante annuncio dell’esercito sul nord di Gaza ormai deserto, pochi giorni fa, dove «non c’è e non ci sarà alcun ritorno». E se il diritto internazionale umanitario stabilisce che l’evacuazione di una popolazione è temporanea e che alle persone deve essere permesso di tornare alle loro case, il rapporto di Hrw dimostra che per l’80 percento dei palestinesi non sarà possibile farlo. Anche in questo caso, i funzionari israeliani hanno specificamente dichiarato che lo scopo dei bombardamenti è «il danno, non la precisione».

La Banca mondiale ha stimato che a gennaio 2024 oltre il 60 percento degli edifici residenziali e l’80 percento delle strutture commerciali sono stati danneggiati o completamente distrutti. Già ad agosto 2024, oltre il 93 percento delle scuole e tutte le università di Gaza erano state distrutte o danneggiate in modo significativo.

Il programma delle Nazioni unite per l’ambiente e il rapporto della ong Al Mezan sull’ecocidio in corso a Gaza hanno rilevato l’impatto senza precedenti della guerra sull’ambiente: inquinamento del suolo, dell’acqua e dell’aria, danni irreversibili agli ecosistemi naturali. Frutteti, campi e serre rasi al suolo, come si evince dalle immagini satellitari raccolte nel rapporto di Hrw. Distrutta anche la maggior parte delle infrastrutture idriche, energetiche e di trasporto della Striscia.

A luglio, l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha registrato più di mille attacchi a strutture sanitarie nei Territori palestinesi occupati dal 7 ottobre 2023 e ha rilevato che non ci sono più ospedali funzionanti nella città più meridionale di Rafah. Oggi i palestinesi sfollati sono 1,9 milioni, il 90 percento del totale. Quelli ancora vivi.

* Fonte/autore: Enrica Muraglie, il manifesto



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