Il presidio pacifista incalza il G7 a Fiuggi: a Gaza e in Ucraina «tacciano le armi».
«Pace, non guerra» I messaggi rivolti ai ministri riuniti nella cittadina termale dal Comitato Direzione pace e dai Combatants for Peace
FIUGGI. «Siamo a Fiuggi per rivolgere un chiaro messaggio ai ministri degli esteri dei paesi G7: dobbiamo e vogliamo vivere in pace e sicurezza, per questo è necessario disarmare e non armare, abbattere le diseguaglianze e la povertà. Così si esprimono le popolazioni del mondo intero (…) Al contrario stiamo assistendo a guerre e invasioni, invece di disarmare ci si arma di più, invece di negoziare si accrescono gli arsenali e si permettono genocidi, come sta avvenendo in Palestina».
COSÌ INIZIA LA LETTERA, inviata in italiano e in inglese ai ministri degli esteri del G7 dal Comitato Direzione pace, la rete di persone e gruppi che ha organizzato ieri mattina il partecipato presidio «Pace, non guerra», alla periferia della città termale. La lettera si sofferma sull’orrore di Gaza per sottolineare la necessità che il premier Netanyahu e l’ex ministro Gallant vengano arrestati e processati, e chiede ai ministri di adoperarsi per un immediato cessate il fuoco e per la fine dell’occupazione.
Far tacere subito le armi: «Non siamo ingenui e non attenderemo che “la situazione sul campo migliori”, perché sappiamo che se i negoziati in Ucraina fossero andati avanti due anni fa (cioè un milione di giovani vite e tanti miliardi di dollari fa) oggi ci sarebbe una pacifica soluzione condivisa, un mondo più sicuro». Insieme alle sanzioni economiche e politiche a Israele è vitale lo stop all’export di armi. Del resto, ricorda una attivista dal palco, «l’Italia ha una legge buona, la 185/90, costantemente violata: continuiamo a spedire armi a Israele, un paese in guerra. Mobilitiamoci… vogliono cambiarla, la legge 185».
Sul prato del presidio, di fronte alla rotonda sulla quale in omaggio al summit campeggiano le 7 bandiere degli Stati eletti, un serpentone umano invoca il «cessate il fuoco» (ogni lettera portata da una persona) e un gigantesco striscione recita: «Riconvertiamo le fabbriche di morte – Valle del Sacco – Colleferro».
GIÀ: IL TERRITORIO conta ben due industrie belliche. Pimpanti. Cita notizie di stampa Federico Bernardini, attivista eco-pax: «L’industria Avio di Colleferro punta sempre più al settore militare i cui ricavi, storicamente intorno al 5% del fatturato, dovrebbero passare fra pochi anni al 40%; così “sperano” i dirigenti, visto che “la difesa è redditizia”. E la Knds Ammo Italy (ex Simmel difesa), è la maggiore produttrice italiana di munizionamento di medio e grosso calibro, clienti in oltre 50 paesi, fra i quali Israele».
Lontana, la riconversione… Eppure, se si investisse nella pace, «gli operai delle fabbriche di esplosivi tornerebbero a casa più tranquilli» dice Luciano Conte di Direzione pace. Con un messaggio, il vescovo di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, monsignor Gerardo Antonazzo sottolinea: «Non esiste un vero dopoguerra: i conflitti continuano a lasciare molto a lungo sul campo di battaglia le mine antiuomo dell’odio e del rancore. La guerra è una trappola per tutti. La pace non può aspettare logoranti, incomprensibili e inaccettabili calcoli».
PER ASSOPACE PALESTINA, Luisa Morgantini si fa portavoce della lettera inviata ai G7 dai pacifisti palestinesi-israeliani di Combatants for Peace. Forti del loro lungo lavoro bi-nazionale, esortano ad azioni concrete per la fine dello spargimento di sangue: «Come attivisti di lunga data, sappiamo che un cessate il fuoco non è sufficiente: abbiamo bisogno di una soluzione politica che ponga fine all’occupazione e fornisca sicurezza, libertà e uguaglianza a tutti coloro che vivono tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo». Commenta Maria di Veroli, attivista di Direzione pace: «Anche le nostre piccole azioni sono importanti: restare inoperosi è umanamente intollerabile».
* Fonte/autore: Marinella Correggia, il manifesto
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