Crisi francese. Gli Insoumis annunciano una nuova sfiducia, il resto del Fronte rimane in attesa

Crisi francese. Gli Insoumis annunciano una nuova sfiducia, il resto del Fronte rimane in attesa

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Le reazioni alla nomina nella coalizione delle sinistre, tra scetticismo e ostilità. Socialisti, ecoló e comunisti chiedono di non fare forzature in aula

All’annuncio della nomina di François Bayrou a primo ministro sono bastati meno di dieci minuti ai principali leader della sinistra francese per esprimere chi un malcelato scetticismo, chi un’aperta opposizione nei confronti della scelta del presidente Emmanuel Macron.

Eppure, malgrado la contrarietà, i partiti del Nuovo Fronte Popolare hanno aperto al dialogo, a patto che il primo ministro rinunci all’utilizzo della fiducia parlamentare. Unica eccezione è La France Insoumise, compagine principale del Nfp, che ha già annunciato una mozione di sfiducia. Nelle settimane scorse, dopo la caduta del governo di Michel Barnier, ecologisti, comunisti e socialisti avevano proposto alla coalizione macronista un «accordo di non-sfiducia», basato sulla nomina di un governo di sinistra che avrebbe dovuto cercare «compromessi all’Assemblée Nationale, di legge in legge», come ha spiegato mercoledì la deputata ecologista Sandrine Rousseau al manifesto. Tale governo si sarebbe impegnato, secondo quanto dichiarato dai leader dei partiti di sinistra, a non utilizzare il «49.3», l’articolo della Costituzione francese che disciplina la sfiducia parlamentare.

L’apertura era stata considerata una «chimera» da Lfi, come affermato dalla capogruppo insoumise alla camera Mathilde Panot. «Non abbiamo la minima intenzione di far pensare che potremmo governare, in un modo o in un altro, o fare un accordo di non-sfiducia con chi rifiuta l’abrogazione della riforma delle pensioni» di Macron, ha dichiarato Panot, riferendosi alla misura più importante del programma del Nfp.

Alla fine, gli abboccamenti non sono serviti: Macron ha fatto di testa sua e nominato ieri il proprio alleato storico a capo del governo. Una mossa che ha provocato nuove esitazioni tra i partiti del Nfp che avevano accettato di discutere con l’inquilino dell’Eliseo. Se i socialisti escludono qualunque forma di partecipazione al nuovo governo, allo stesso tempo chiedono al premier delle garanzie «per evitare un nuovo voto di sfiducia», come si legge in una lettera aperta pubblicata subito dopo la nomina di Bayrou e firmata da tutti i capi delle principali correnti interne del partito. In cima a tali garanzie figura la rinuncia all’utilizzo «dell’articolo 49.3 della Costituzione», seguita dal rifiuto della «dipendenza del governo dal Rassemblement National» e dal suo «programma xenofobo».

Pur definendo la nomina di Bayrou «un pessimo segnale», il segretario dei comunisti Fabien Roussel ha, dal canto suo, rifiutato di invocare una sfiducia immediata. «Siamo pronti a discutere se rinuncia a utilizzare il 49.3», ha detto Roussel al giornale di partito L’Humanité. Qualora il nuovo governo «mantenesse la direzione politica di Macron, allora sarà la sfiducia», ha tuttavia avvertito il portavoce del partito Ian Brossat.

Anche Marine Tondelier, la leader degli ecologisti, ha fatto dell’utilizzo o meno della fiducia parlamentare la condizione sine qua non per non far cadere il nuovo governo. Ma se la nomina di Bayrou «serve solo per mantenere gli stessi interessi agli stessi posti strategici», ha detto Tondelier, «non vedo quale altra scelta ci resti a parte sfiduciarlo quando ne avremo l’occasione».

Agli insoumis, invece, è bastata una manciata di minuti per annunciare che una mozione di sfiducia sarà presentata il prima possibile. «Nessuna illusione, nessuna ingenuità», ha scritto su X la deputata e vice-presidente della Camera Clemence Guetté. «Bayrou è stato nominato per continuare la violenza macronista, fino alla fine. Depositeremo una mozione di sfiducia: così sapremo allora chi è all’opposizione e chi è con Macron», ha scritto Guetté.

Per Lfi si tratta di proseguire quanto annunciato quest’estate, quando Macron aveva rifiutato di nominare Lucie Castets a capo di un governo Nfp in nome della «stabilità». All’epoca, gli insoumis avevano lanciato tre parole d’ordine: «sfiducia, mobilitazione, destituzione (di Macron, ndr)».

Dopo tre mesi di governo Barnier la prima tappa è stata raggiunta. Ora si tratta di «far cadere Bayrou, che vorrà dire far cadere Macron», ha scritto ieri su X il coordinatore di Lfi Manuel Bompard. Per gli alleati della gauche, tuttavia, la dimissione di Macron resta un obiettivo anch’esso «chimerico». «Non possiamo semplicemente attendere che il presidente dia le dimissioni, poiché è palese che non voglia farlo», aveva detto, un po’ tautologicamente, il leader del Ps Olivier Faure mercoledì.

 

* Fonte/autore: Filippo Ortona, il manifesto

 



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