Il Consiglio d’Europa censura l’Italia e denuncia: «I Cpr in pessime condizioni»

Il richiamo all’Italia a cambiare linea arriva dal Consiglio d’Europa, organizzazione internazionale con sede a Strasburgo di cui fanno parte 46 Stati, il cui scopo è quello di promuovere diritti umani e democrazia
I centri di permanenza e rimpatrio (Cpr) italiani così non vanno. Sono «non idonei» per le loro «pessime condizioni materiali, l’assenza di un regime di attività, l’approccio sproporzionato alla sicurezza, la qualità variabile dell’assistenza sanitaria e la mancanza di trasparenza da parte degli appaltatori privati». La sfilza di violazioni e inadempienze delle strutture esistenti, così come il richiamo all’Italia a cambiare linea, arrivano dal Consiglio d’Europa, organizzazione internazionale con sede a Strasburgo di cui fanno parte 46 Stati, il cui scopo è quello di promuovere diritti umani e democrazia.
Il rapporto appena pubblicato è frutto della visita in Italia del Comitato per la prevenzione della tortura (Cpt) dello stesso organismo internazionale. Lo scorso aprile, i membri del Comitato si sono recati in quattro dei nove Cpr attivi in Italia, ovvero quello di Via Corelli a Milano, Ponte Galeria e Roma, Palazzo San Gervaso e Potenza e Gradisca d’Isonzo. In numerosi casi, sono stati riscontrati casi di maltrattamenti e uso sproporzionato della forza da parte delle forze dell’ordine nei confronti dei cittadini stranieri detenuti. Senza contare, come già documentato da numerose inchieste giornalistiche, l’uso massiccio e arbitrario di psicofarmaci con lo scopo di tranquillizzare le persone di fatto detenute dei Centri.
I Cpr vengono così fotografati per quello che sono: buchi neri al di fuori del diritto e privi delle garanzie legali minime. E le preoccupazioni si estendono inevitabilmente all’applicazione extraterritoriale, come nel caso Albania. La replica da Roma non si è fatta attendere. Fonti del Viminale definiscono «parziali e incomplete» le informazioni ottenute dal Consiglio d’Europa, sottolineando come non risulta nessun trattamento sanitario improprio, compreso quello di psicofarmaci.
Altraeconomia ha confrontato la spesa in farmaci effettuata dagli enti gestori dei Cpr con le stesse informazioni del Centro salute immigrati (Isi) di Vercelli, il servizio delle Asl che in Piemonte prende in carico le persone senza regolare permesso di soggiorno (un campione statistico raffrontabile con chi è nei centri): la spesa in psicofarmaci rappresenta lo 0,6% del totale, al Cpr di via Corelli a Milano è 160 volte più alta (il 64%), al Brunelleschi di Torino 110 (44%), a Roma 127,5 (51%).
Il botta e risposta tra Strasburgo e Roma sembra un déja vu. Quando a fine ottobre il Consiglio d’Europa aveva pubblicato un rapporto di condanna contro le diffuse pratiche razziste da parte della polizia italiana, le reazioni non erano mancate. In difesa delle forze dell’ordine era intervenuto subito il ministro Piantedosi e qualche ora più tardi anche il presidente Mattarella. E pure Meloni: «Le nostre forze dell’ordine lavorano con dedizione e abnegazione per garantire la sicurezza di tutti i cittadini, senza distinzioni».
Chi parla invece di «vergogna nazionale a proposito dei Cpr è Angelo Bonelli, deputato di Avs, che annuncia la presentazione di un’interpellanza parlamentare per sollecitare la chiusura immediata dei Centri. «Ho chiesto un intervento diretto della presidente della Commissione europea von der Leyen, e del Commissario agli Affari Interni Brunner, affinché l’Ue sanzioni il governo italiano e ponga fine a questa reiterata violazione delle regole fondamentali di civiltà», aggiunge l’eurodeputato Avs Leoluca Orlando. Anche i 5S puntano il dito contro il fallimento delle politiche migratorie di Meloni: «Altro, che modello da seguire, come Meloni diceva solo due mesi fa. Adesso l’Europa ci accusa di aver trasformato i Cpr in lager».
* Fonte/autore: Andrea Valdambrini, il manifesto
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