«La Turchia non vuole che l’esempio dell’Iraq si estenda alla Siria»

«La Turchia non vuole che l’esempio dell’Iraq si estenda alla Siria»

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Evin Swed è la co-presidente dell’Amministrazione autonoma democratica della Siria del Nord-Est (Daanes). Lunedì ha lanciato insieme al collega Hussein Osman la proposta della Daanes per la nuova Siria

 

Evin Swed è la co-presidente dell’Amministrazione autonoma democratica della Siria del Nord-Est (Daanes). Lunedì ha lanciato insieme al collega Hussein Osman la proposta della Daanes per la nuova Siria. L’iniziativa tuttavia arriva insieme alla notizia che l’esercito turco e l’Esercito nazionale siriano (Sna) starebbero ammassando truppe sul confine nord in vista di un’imminente nuova operazione.

In queste ore il governo turco minaccia di invadere Kobane, come è la situazione sul campo?
La situazione in Siria è evidentemente complessa, ci sono molti punti interrogativi e non è del tutto chiaro quali forze si stiano muovendo e come. Per quanto riguarda le nostre regioni, con gli attacchi a Shebah 100.000 persone che erano già state costrette ad abbandonare la loro terra durante l’occupazione di Afrin sono state sfollate. Anche Manbij è stata occupata. Oggi la minaccia incombe su Kobane, una città simbolica conosciuta in tutto il mondo. La Turchia non ha ancora digerito che Kobane abbia sconfitto l’Isis, per questo minaccia la sua gente. Sono in corso attacchi contro la diga di Teshreen e sul ponte Qereqozax, volti a chiudere l’accerchiamento su Kobane anche da sud.

Sono stati riportati diversi tentativi di dialogo con la Turchia, anche offrendo gesti di distensione come la ricollocazione della tomba di Suleyman Shah, hanno portato a qualcosa?
È vero che abbiamo fatto molti tentativi, sia tramite i nostri alleati che direttamente, per fermare questi attacchi. Per quanto riguarda la tomba di Suleyman Shah invece, l’amministrazione voleva fare un gesto positivo e di rispetto. Purtroppo non è servito a niente, al contrario, hanno iniziato a minacciare e attaccare sempre di più.

La posizione ufficiale della Turchia è che la vostra autonomia sarebbe un pericolo per lo Stato turco, come risponde?
Tutto il mondo è testimone del fatto che non c’è mai stato un attacco dal Rojava verso la Turchia, siamo in una posizione di autodifesa. La prospettiva della Daanes è essere un esempio per la creazione di una nuova Siria. La Turchia è ostile a questo progetto, ripetono spesso che non permetteranno che si ripeta in Siria quanto successo in nord Iraq, l’istituzione di un’entità curda riconosciuta. In ultima analisi, non vogliono che questo progetto si diffonda anche tra i curdi in Turchia e che questi ottengano i propri diritti.

Nei giorni scorsi si è parlato di una delegazione della Daanes a Damasco, ci sono state discussioni sul futuro dell’amministrazione?
Da parte nostra ci sono stati contatti con Damasco, ma non abbiamo ancora inviato una delegazione. Lunedì a Raqqa abbiamo annunciato la nostra proposta per la Siria in 10 articoli. Siamo pronti per ascoltare, discutere e incontrarci intorno ad un tavolo. Con la nostra esperienza siamo pronti a lavorare per una Siria unita e democratica in cui possano trovare spazio tutte le etnie, religioni e i credi che la compongono.

Al Julani ha fatto dichiarazioni incoraggianti sul futuro dei curdi in Siria, augurando il loro ritorno ad Afrin. Cosa ne pensate?
Al Julani sceglie bene le parole nei suoi discorsi, tiene conto di tempi e luoghi per le sue dichiarazioni. Sa che la Siria e il mondo hanno gli occhi puntati su di lui e che ognuno prenderà posizione in base ad ogni cosa che lui e il governo provvisorio faranno o diranno da oggi a marzo. Il suo discorso sui curdi è corretto. Il salvataggio di Afrin e il ritorno delle popolazioni sfollate di tutte le città siriane occupate dovranno certamente essere discussi quando si arriverà ad un tavolo, è molto importante mettere fine al cambiamento demografico che è avvenuto fino ad ora.

Quali sono le vostre prospettive per il futuro e cosa vi aspettate dalla comunità internazionale?
Ora in Siria ci sono due scelte: la prima è la costruzione di un nuovo paese democratico in cui far convergere tutte le forze, l’altra è una deriva terribile verso caos e distruzione che creano spazi in cui Isis può riorganizzarsi. Nelle nostre regioni ci sono migliaia di prigionieri di daesh che fino ad ora purtroppo non siamo riusciti a portare di fronte ad un tribunale. Se la Turchia continua ad attaccare si scatenerà il caos. Paura e pericolo torneranno non solo per noi, ma per tutto il mondo. Credo che tutti ne siano coscienti e si stiano muovendo di conseguenza.

* Fonte/autore: Tiziano Saccucci, il manifesto



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