Siria in guerra. Aleppo occupata, i gruppi jihadisti avanzano

Siria in guerra. Aleppo occupata, i gruppi jihadisti avanzano

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Voci dalla città invasa «Ecco, siamo finiti come a Idlib, sotto il regime jihadista». Impotenza e rabbia (verso Turchia e Israele). Abitanti in fuga sulle stesse strade secondarie utilizzate durante la guerra

 

Gli abitanti di Aleppo sono attoniti, scossi da un nuovo terremoto dopo quello, naturale, del 2023. I jihadisti avanzano: nelle loro mani, ormai, cittadine e piccoli villaggi come Nubul e Zahra, sciiti, già oggetto di un assedio affamante (mille morti) per tre anni e mezzo, fino al 2016. A opera di Jabhat al Nusra e Isis.

Suor Arcangela, italiana, è da decenni missionaria in un ospedale di Aleppo: «Adesso che la città è presa, mi chiedo cosa ci riserva il futuro. Sembra un progetto realizzato alla perfezione. Sentiamo bombardamenti in lontananza. Aspettiamo. Siamo impotenti. Abbiamo acqua e luce per l’ospedale. Per adesso».

NABIL, MEDICO E OPERATORE umanitario, ha assistito la popolazione civile della città per tutta la guerra e la successiva penuria post-bellica (dovuta anche alle sanzioni): «Ecco, la nostra città è diventata come Idlib, è sotto il regime jihadista. Nella notte fra venerdì e sabato hanno occupato tutti i quartieri, la cittadella, i palazzi governativi. Nelle strade, ai pochi passanti, alle poche auto in giro dicono che non vogliono fare del male ai civili, di qualunque religione siano. Ma non so che cosa accadrà. A Idlib, al tempo, avevano chiesto ai cristiani di evacuare la città in 24 ore… Le nostre attività sociali sono interrotte. Le famiglie che assistevamo sono chiuse in casa. Non vogliamo andare via – per il momento. Tanti aleppini comunque stanno scappando, per le strade secondarie, quelle che utilizzavamo per spostarci durante la guerra. Ci vogliono 11-12 ore per arrivare a Homs, visto l’enorme traffico».

Grande è la rabbia verso la Turchia del sultano (sponsor dei gruppi islamisti fin dal 2012) e Israele (che bombarda da tempo anche la Siria). Joan vive a Damasco ma ha tanti parenti ad Aleppo: «Erdogan e gli israeliani di fatto sono alleati e c’è un piano strategico fra loro, sostenuto dagli Stati uniti», mentre Russia, Iran, Hezbollah hanno le armi e la testa altrove. Alcuni commentatori sottolineano che a quanto pare «le stesse potenze che sostengono Gaza si schierano contro il governo siriano o tacciono…». E la Turchia sembra anche approfittarne per cercare di colpire i curdi.

DALLA TURCHIA, Murat Akad, membro del Partito comunista (Tkp), tradizionale avversario di Erdogan e vicino all’Associazione per la pace (a suo tempo messa al bando nel paese per le sue denunce contro il passaggio di jihadisti da mezzo mondo attraverso la frontiera turco-siriana), commenta: «Aleppo caduta nelle mani dei terroristi: la vulnerabilità dell’esercito siriano è sorprendente».

E se c’era, anche a Damasco, chi all’inizio dell’attacco riteneva che le notizie fossero ingigantite e che tutto fosse frutto di un gioco politico da parte di Erdogan allo scopo di guadagnare carte sul terreno prima di procedere a normalizzare i rapporti con la Siria, adesso ad Aleppo ci si chiede perché i rinforzi dell’esercito, certo contro milizie numerose e ben rifornite, non siano arrivati in tempo, in modo da bloccarne l’avanzata.

* Fonte/autore: Marinella Correggia, il manifesto



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