Arrestato in Italia il capo della Radaa libica: «Migranti torturati»

Arrestato in Italia il capo della Radaa libica: «Migranti torturati»

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Jeem Osama Elmasry fermato a Torino su segnalazione dell’Interpol. Le accuse contro di lui potrebbero riguardare anche le fosse comuni con 400 corpi trovate a Tarhuna, su cui indaga la Corte penale internazionale

Le autorità italiane hanno arrestato ieri a Torino Njeem Osama Elmasry, noto anche come Almasri, capo della Polizia giudiziaria libica e affiliato alla Forza di deterrenza speciale (Radaa), creata dal comandante salafita Abdul Rauf Kara. L’operazione è scattata in seguito a una segnalazione dell’Interpol per l’accusa di «presunti crimini di guerra e torture» nei confronti di un generale che è attualmente a capo della prigione e centro di torture di Mitiga, vicino Tripoli.

Il complesso di Mitiga ospita non solo l’unico scalo aereo civile, che attualmente serve Tripoli, ma anche un’importante prigione dove sono detenuti oppositori politici, migranti e terroristi dello Stato Islamico. Ufficialmente una «prigione», questa struttura è diventata negli anni celebre per i casi di «detenzione arbitraria, tortura e abuso», secondo quanto indicato da diversi report di Amnesty International e Human Rights Watch, e un luogo «simbolo della violenza istituzionalizzata», gestito dalla Forza Radaa, gruppo con forti legami con il Governo di unità nazionale (Gna), guidato dal primo ministro Abdul Hamid Dbeibah, riconosciuto a livello internazionale dall’Onu.

Secondo le accuse della Cpi, Elmasry sarebbe «l’anima operativa, il garante del controllo brutale su detenuti, spesso arrestati senza accuse formali, processi o possibilità di difesa». L’uomo, definito dai media libici anche come il «capo dell’amministrazione carceraria di Tripoli», era balzato agli onori della cronaca nel 2022, nell’ambito degli scontri armati nella zona di Sabaa, a est di Tripoli. A confrontarsi erano stati da una parte gli uomini della Guardia presidenziale guidati dal vicecomandante Ayoub Bouras e dall’altra le forze della polizia giudiziaria della Radaa, guidate da Njeem Osama.

Le accuse contro Elmasry potrebbero riguardare anche i crimini legati alle fosse comuni scoperte a Tarhuna – almeno 29 fosse ritrovate con oltre 400 persone scomparse – dopo il cessate il fuoco del 2020, su cui la Cpi sta conducendo indagini. Le testimonianze dei sopravvissuti, raccolte con grande difficoltà, hanno permesso di documentare gli abusi commessi sotto il suo comando. Queste includono racconti agghiaccianti di «torture fisiche e psicologiche», privazioni estreme e, in molti casi, «morti sospette che non hanno mai avuto spiegazioni ufficiali», come nel caso di Tarhuna.

«Detenzione arbitraria, privazione illegale della libertà, processi iniqui con migliaia di persone arrestate, uccise sommariamente e detenute arbitrariamente dalle milizie come modus operandi del governo», secondo quanto afferma nel suo ultimo report Amnesty.

In un post pubblicato sulla pagina della “Fondazione per la riforma e la riabilitazione” di Ain Zara – una struttura carceraria di Tripoli – il direttore, Abdel Moaz Nouri Bouaraqoub, ha condannato quello che ha definito un «arresto arbitrario», esortando le autorità libiche ad agire per la liberazione di un generale «noto per il suo rigore, la sua dedizione e la professionalità nell’adempimento dei compiti affidatigli».

* Fonte/autore: Stefano Mauro, il manifesto



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