Attentato a New Orleans. Per l’Fbi: «Nessun complice»

by Giovanna Branca * | 3 Gennaio 2025 10:01

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Non sembrano esserci «connessioni» neanche con l’esplosione del veicolo Tesla a Las Vegas

 

Era un lupo solitario, si indagano eventuali complici, ha agito da solo: nel giro di poco più di 24 ore le supposizioni sull’attentatore di New Orleans Shamsud-Din Bahar Jabbar – nel frattempo le sue vittime sono salite a 14 – sono ritornate al punto di partenza. «Siamo sicuri, a questo punto, che non ci siano complici», ha detto Christopher Raia della divisione antiterrorismo dell’Fbi durante una conferenza stampa ieri pomeriggio. D’altronde il profilo di Jabbar che emerge dai ritratti tratteggiati dalle principali testate Usa non sembra evocare quello di un uomo che cospirava con l’Isis o suoi eventuali operativi all’interno degli Stati uniti, benché lo stato islamico – dichiara Raia – abbia «ispirato al 100%» il suo gesto. Intanto, poche ore dopo la strage in Louisiana – nella mattinata statunitense di mercoledì – un veicolo Tesla è esploso sotto al Trump International Hotel di Las Vegas, uccidendo il guidatore e ferendo dei passanti.

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L’attentato ha fatto improvvisamente balenare la possibilità di un’azione coordinata. L’autore dell’attentato di Las Vegas è stato identificato come Matthew Alan Livensberger. In un briefing del FBI, gli agenti hanno comunicato che l’uomo si è sparato prima che la macchina saltasse in aria. Nel veicolo vi erano dei fuochi d’artificio, «forse una bomba» ha aggiunto mercoledì il Ceo Tesla Elon Musk dal suo social network, accusando di diffamazione i quotidiani che nei loro titoli si limitavano a constatare l’ovvio: che uno dei suoi veicoli è esploso. In seguito l’Fbi ha confermato la presenza di una bomba artigianale sul veicolo, costruita appunto grazie ai fuochi d’artificio. Livensberger è stato identificato come un ex berretto verde dell’esercito Usa che nel 2006 ha prestato servizio per un periodo a Fort Bragg, in North Carolina, dove è stato anche Jabbar. I due uomini avevano anche entrambi prestato servizio in Afghanistan nel 2009 (anche se non è confermato che fossero nella stessa unità o di stanza nelle stesse province.)

LO SCERIFFO della città del Nevada Kevin McMahill aveva affermato subito dopo l’accaduto che ogni possibile legame con l’attentato di New Orleans era al vaglio delle forze dell’ordine, e che un insieme di elementi davano naturalmente da pensare agli investigatori: «È un truck Tesla, e sappiamo che Elon Musk sta lavorando con il presidente eletto Trump», oltretutto «si tratta della Trump Tower». Ai giornalisti McMahill ha anche dichiarato che se la connessione fra i due attentatori fosse effettivamente casuale “si tratterebbe di una notevole coincidenza.” Il briefing dell’Fbi a New Orleans è sembrato invece voler fugare ogni connessione fra l’attentato della Louisiana e l’esplosione all’hotel del futuro presidente, anche se Raia ha sottolineato che gli investigatori non hanno ancora escluso nulla. Il 42enne Jabbar era un cittadino americano, nato e cresciuto in Texas (dove ha noleggiato il furgoncino usato per il massacro, da cui sventolava la bandiera nera di Daesh). Arruolatosi nel 2007, era stato inviato per 11 mesi in Afghanistan, e per questo, scrive il Wall Street Journal, è stato insignito della medaglia per il servizio nella guerra globale al terrorismo.

Analista informatico, aveva avuto incarichi di rilievo per importanti corporation Usa, e solo di recente si era convertito all’Islam. Mentre si continua a indagare, l’unico elemento che emerge con chiarezza è che ancora una volta una tragedia mette in luce la visione del mondo dell’America Maga (Make America Great Again, lo slogan di Donald Trump). È bastato vedere le foto del corpo inerme di Jabbar riverso su Bourbon Street a New Orleans, la sua pelle non bianca, perché Trump si affrettasse a accusare sui social gli «immigrati illegali» a cui ha promesso guerra.

«NON SEMBRA americano» scrivevano anche molti dei suoi accoliti su X, l’ex Twitter, prima che si scoprisse che si trattava proprio di un cittadino americano, per giunta un veterano decorato. La domanda su cosa “sembri” un cittadino americano, e sia dunque autorizzato ad esserlo, è quella che sottende tutta la vicenda che si svolge a poco meno di tre settimane dall’insediamento del presidente eletto.

NONOSTANTE le sue accuse siano state smentite, Trump ha mantenuto il punto nei post successivi sull’accaduto: «Con la politica dei confini aperti di Biden il terrorismo islamico, e altre forme di crimine violento, diverranno così terribili in America che sarà difficile da immaginare e perfino credere». «Ci vediamo il 20 gennaio», la data dell’insediamento: «Make America Great Again».

* Fonte/autore: Giovanna Branca, il manifesto[1]

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