Chiapas. EZNL, dopo 31 anni di rivolta torna Marcos: «Vogliamo un mondo plurale»

I festeggiamenti in Chiapas e l’apertura della nuova fase, «Comune»
Città del Messico. «Distruggere il sistema capitalista costruendo alternative» è l’idea che emerge dai festeggiamenti per i 31 anni della rivolta, iniziata il 1 gennaio del 1994, dall’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. Donne e uomini dell’Ezln hanno ribadito che la loro è una lotta per la vita, che non vogliono la guerra, rifiutano la violenza ma allo stesso tempo sono pronti a difendersi dagli attacchi che governi, crimine organizzato e interessi economici portano alle comunità indigene in resistenza del Chiapas.
Al caracol di Oventik la festa è iniziata a mezzogiorno del primo gennaio con opere di teatro e spettacoli musicali che poi han lasciato spazio al discorso del Comitato clandestino rivoluzionario indigeno letto dal Subcomandate Moises. Prima della festa ci sono stati tre giorni di incontri e dibattiti a San Cristobal de Las Casas, che hanno aperto ad una nuova fase dell’Ezln. Zapatiste e zapatisti resistono perchè sono capaci di re-inventarsi continuamente, fanno dell’organizzazione la loro forza, della determinazione la loro utopia. E come diceva Eduardo Galeano l’utopia permette di camminare, e loro non si fermano. L’Ezln si è preso del tempo, ha chiuso i Caracol durante il covid e non li ha mai riaperti al pubblico. 200 militanti dell’organizzazione hanno viaggiato per l’Europa, affrontato il governo di Andres Manuel Lopez Obrador (e ora di Claudia Sheinbaum) e così le politiche di sussunzione del mondo artistico, intellettuale e associativo che la «Quarta Trasformazione» e «l’umanesimo messicano» (così Morena, il partito di Amlo e Sheinbaum, chiamano i propri fondamenti teorici) opera.
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Così come le politiche che alimentano lo scontro inter-comunitario per lo sfruttamento dei terreni: il progetto “Sembrando Vita” che gli Zapatisti hanno rinominato “Sembrando Morte”. Hanno deciso di cambiare il loro modello organizzativo e per fare questo hanno scelto la via del silenzio e dello studio facendo i conti con errori interni, allontanamenti, aumento della violenza nello stato e le stanchezze che 31 anni di ribellione si portano dietro. Hanno deciso di raccontarsi, lo hanno fatto in maniera collettiva con la voce dei comandanti e delle comandanti, e hanno ridato la parola in pubblico a Marcos. Il subcomandante «è un’arma tattica» che permette di attirare media e militanti dal Messico e dal mondo. L’indubbia, e forse unica, capacità di Marcos, tornato ad essere capitano come nel 1984 – quando entrò in clandestinità arrivando nella Selva Lacandona – di trasformare il pensiero collettivo delle donne e degli uomini dell’Ezln in poesia, rende codificabile e comprensibile la proposta politica a chi appartiene all’universo campesino così come a quello urbano. La capacità di scrivere e comunicare di Marcos ha permesso all’Ezln di invadere gli spazi della comunicazione, ma lo zapatismo è molto più ampio e complesso e purtroppo, nonostante siano passati 31 anni, l’attenzione ricade ancora sul personaggio e sul singolo.
La nuova fase della rivoluzione zapatista si chiama “Comune”: una proposta di pace che prevede, tra le altre cose, l’uso collettivo, non solo di chi fa parte dell’organizzazione, dei campi recuperati con l’inizio dell’insurrezione. E così una nuova strutturazione, più democratica, partecipativa, mutualistica e orizzontale, dell’autogoverno inaugurato nel 2003. Il “comune” è quindi una proposta di governo del territorio anti-capitalista, dove la madre terra viene preservata e proprietà privata e privilegi saranno superati. Una nuova fase che propone di mettere in relazione, a livello internazionale, lotte e resistenze, valorizzando le differenze. L’Ezln inviterà, in estate, ribelli e resistenti di tutto il mondo per discutere, alla pari. Riconoscendo, come detto da Marcos, che «siamo molto diversi, non possiamo aspirare a egemonizzarci a vicenda: è inutile, non ne vale la pena e un mondo omogeneo non è il mondo che vogliamo». Vogliamo «un mondo fatto di tanti mondi, dove ci siamo anche noi».
* Fonte/autore: Andrea Cegna, il manifesto
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