Mimmo Lucano: «Ora Riace diventi un esempio per l’Europa della solidarietà»

Intervista a Mimmo Lucano. Dopo anni di processi e senso di solitudine, l’ex sindaco si sente finalmente sollevato
«Sono felice. Ho inquadrato questa esperienza sotto la luce della lotta politica. Riguardava me, ma avrebbe potuto riguardare chiunque altro. Per me è stata un’esperienza legata a una militanza che non ho mai smesso di portare avanti». Dopo anni di processi e senso di solitudine, Mimmo Lucano si sente finalmente sollevato.
La Corte di Cassazione ha messo una pietra tombale su un impianto accusatorio che voleva fare di Riace un modello criminale. Assolto per i reati più gravi – resiste all’ultimo grado di giudizio solo la condanna a 18 mesi per falso, con sospensione della pena – l’eurodeputato non perde il sorriso: «Sì, è vero è rimasta la condanna per falso. Però, a dire la verità, non capisco nemmeno la natura di questo reato. È un illecito amministrativo, che non ha alcuna valenza per me».
Che idea si è fatto di ciò che è accaduto in tutti questi anni di processo?
All’inizio non me ne rendevo nemmeno conto, ma a un certo punto ho capito che il potere non poteva permettersi di lasciare indisturbato ciò che stava accadendo a Riace. Riace aveva ribaltato il paradigma della narrazione criminale sulla migrazione anche grazie agli atteggiamenti spontanei della gente del posto, fatti di accoglienza e ospitalità. È un’antropologia che favorisce il senso di solidarietà. Io ho voluto legare tutto ciò a un valore politico: stare dalla parte dei più deboli, dei migranti, di chi vive nel disagio sociale.
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Crede ci sia stato un accanimento politico nei suoi confronti?
L’esperienza di Riace è stata una vera e propria rivoluzione. Mi viene subito in mente Dino Frisullo, che mi ha fatto innamorare della questione curda e di quella palestinese. E anche il regista Wim Wenders, che ha parlato di Riace come di un’utopia che non poteva che essere ostacolata. Questa è una battaglia che mette in contrasto i valori della sinistra, basati su uguaglianza e solidarietà, con quelli della destra, che purtroppo parlano un altro linguaggio: quello del razzismo, della violenza, dei lager libici e dei torturatori.
Cosa è rimasto oggi del modello Riace oggi?
Riace oggi è ancora in piedi, nonostante tutte le difficoltà. Abbiamo resistito per cinque anni, anche sotto un’altra amministrazione comunale, ma ora vogliamo guardare al futuro. Non vogliamo che Riace diventi una delle tante realtà segnate dal declino sociale e dall’oblio. L’accoglienza è stata una speranza non solo per i migranti ma anche per le comunità locali: accogliere significa aprire nuove scuole, asili, oratori.
Parlare di accoglienza in epoca di deportazioni a Guantanamo e in Albania?
La questione migratoria è centrale in un dibattito mondiale che va dagli Stati Uniti all’Europa, passando per l’Italia e la Libia. Spesso le soluzioni proposte sono disumane. L’Italia ha contribuito a questa tragedia firmando i memorandum con la Libia nello stesso periodo in cui Riace veniva criminalizzata: non potevano permettere che un piccolo comune raccontasse una storia completamente alternativa.
Cosa si augura per il futuro?
Mi auguro che questa esperienza possa essere un esempio per l’Europa. Non un’Europa dei fili spinati, delle barriere, dei campi di internamento, ma un’Europa della democrazia, dell’accoglienza, della solidarietà. L’Europa deve scegliere: o continua su questa strada, o rinnega se stessa. Con questa sentenza, possiamo dire che il modello Riace non è solo un sogno, ma un futuro possibile.
* Fonte/autore: Rocco Vazzana, il manifesto
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