8 marzo. La retorica del governo Meloni e i nostri corpi vivi

8 marzo. La retorica del governo Meloni e i nostri corpi vivi

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La violenza maschile sulle donne e il suo esito ultimo, ovvero il femminicidio non è un fenomeno emergenziale ma sistemico, ha radici storiche e patriarcali profondissime

Nell’attuale clima ruggente e belligerante, la scelta di campo di Giorgia Meloni per distinguersi alla vigilia dell’8 marzo, è stata quella di far fronte a «un’altra guerra», quella contro le donne che lei reputa sia il femminicidio. Ha voluto con forza il ddl antiviolenza che introduce con l’articolo 577-bis il reato secondo cui se una donna viene uccisa in quanto donna la pena arriva all’ergastolo.

Meloni si è detta orgogliosa, in quel suo modo così contundente e al passo coi tempi, per aver dato «una sferzata nella lotta a questa intollerabile piaga». Fino a pochi anni fa impronunciabile, la nominazione del femminicidio in questa forma arriva al codice penale e acquista una nuova rilevanza simbolica. Peccato si tratti dell’ennesimo cortocircuito retorico, utilizzato da un governo ormai collaudato nella risignificazione di punti e passaggi storici, così come di questioni spinose di cui porgono sintesi e soluzioni quantomeno discutibili.

Eppure per contrastare la violenza maschile sulle donne e il suo esito ultimo, ovvero il femminicidio, non serve un pacchetto di misure e sanzioni ulteriori. Nonostante in quella «sferzata» pronunciata da Meloni ci sia tutto lo scintillio dell’elmetto di chi, con tutta evidenza, si rappresenta in trincea. Chissà dove, visto che non si tratta di una guerra, appunto. Non è un fenomeno emergenziale ma sistemico, ha radici storiche e patriarcali profondissime, è inutile presentarlo come un allarme, o peggio una «piaga», perché non è una accezione rispondente.

I centri antiviolenza lo ripetono da anni, che non è un’emergenza; lo dicono i presidi politici costruiti a ribadire i luoghi di libertà, i collettivi e i movimenti, le iniziative e tutto ciò che è un costante lavorio intorno all’antiviolenza. Ma Giorgia Meloni ha delle idee diverse: perché questo interesse verso le donne che vengono uccise in ambito familiare-affettivo (i dati dicono che gli autori siano sempre in prevalenza mariti ed ex) non discute minimamente il sistema che lo produce, non lo vuole decostruire in alcun modo, neppure lo descrive, anzi invita a «nutrirlo». Con un bel po’di familismo e tradizionalismo un tanto al chilo, per poi invocare il reato autonomo.

Non ci sarebbe da sorprendersi se questo genere di provvedimento (che prevede aumenti di pena per i reati di maltrattamenti personali, stalking, violenza sessuale e revenge porn) andasse a suscitare il plauso indifferenziato di chi ritiene sia questa la strada da percorrere. Bisogna fare attenzione però: a voler credere nella «dedizione» che questo governo ha nei confronti delle donne, delle loro libertà e dei loro diritti, si scommetterebbe sulla parte sbagliata. Questo governo continua infatti a nascondere sotto il tappeto diseguaglianza, impoverimento, discriminazione, slalom con i pro-vita per avere contezza e autodeterminare i nostri corpi. Perché dei nostri corpi, che sono le vite delle donne, siamo felici di parlarne anche da vive. E lo vorremmo fare anche oggi, 8 marzo.

 

* Fonte/autore: Alessandra Pigliaru, il manifesto



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