Le ONG ambeintaliste contro il Piano europeo sulle terre rare

Il commissario Séjourné presenta i 47 progetti sui materiali critici (4 in Italia). Gli ambientalisti: «Mancano trasparenza e controlli» . L’obiettivo è ripartire dalle cave per essere meno dipendenti dai paesi extra europei
BRUXELLES. Riaprire le miniere in Europa è necessario al raggiungimento della sovranità energetica, sostiene Stéphane Séjourné, che nell’esecutivo Ue è commissario all’Industria. Ma di sicuro, l’estrazione e la lavorazione in territorio europeo delle cosiddette «materie prime critiche», tra cui le tanto ambite terre rare, ha un costo ambientale e sociale non indifferente. E mentre la Commissione preme l’acceleratore sul fronte dell’autonomia energetica, introduce anche una strategia per la «preparazione» alle crisi, militari o climatiche che siano, che sembra il correlato civile (ma neanche troppo) al piano di riarmo von der Leyen.
IERI MATTINA SÉJOURNÉ ha presentato la strategia Ue sulle terre rare a palazzo Berlaymont. A stretto giro una rete di ong ha puntato il dito contro la mancanza di trasparenza da parte della Commissione nella scelta dei 47 progetti per lo sviluppo dei materiali critici in 13 paesi Ue. Tra l’altro, la maggior parte dei nuovi progetti di estrazione e lavorazione sono nella penisola iberica, mentre i 4 indicati in Italia (in Veneto, Toscana, Lazio e Sardegna) sono basati su attività di riciclaggio. Le ong contestano che, nonostante le ripetute richieste da parte della società civile, la Commissione Ue ha evitato fino all’ultimo di rendere noti dettagli importanti, come ad esempio i criteri di valutazione dei progetti scelti, tra gli oltre 170 presentati, o l’elenco di chi li realizzerà. Così però «si compromette il controllo democratico» dei processi decisionali, sottolinea Robin Roels, coordinatore della Coalizione sulle materie prime critiche. L’appello delle ong mette in luce come la mancanza di partecipazione «mina gravemente la fiducia del pubblico nella strategia dell’Ue». E conclude: «Se Bruxelles è seria riguardo a una transizione equa e sostenibile, deve aprire questo processo a un vero e proprio esame e garantire che le voci della comunità siano ascoltate».
NON SEMBRA SIA QUESTA la priorità della Commissione, preoccupata dalle difficoltà dell’industria europea nella fase di decarbonizzazione e dalla golden share di Pechino sull’elettrico. Al momento l’Ue importa la gran parte dei minerali – dall’alluminio al rame, dal nichel al litio – necessari alla produzione di batterie, pannelli solari o chip. Si tratta di componenti chiave per settori come l’automotive e l’high tech. E di conseguenza anche gli armamenti, ora in cima ai pensieri di Bruxelles. Per ridurre la dipendenza dal maggior esportatore, ovvero la Cina, e produrseli «in casa», Séjourné assicura procedure burocratiche semplificate che non faranno certo piacere ad ambientalisti e attivisti.
L’INVESTIMENTO INIZIALE per attivare le attività estrattive è stimato in oltre 22 miliardi di euro, che Séjourné confida in gran parte si possano reperire sul mercato. Poi però annuncia entro la fine del 2026 una centrale d’acquisto comune ai 27 paesi Ue per le materie prime critiche, come si è fatto ai tempi dei vaccini contro il Covid.
CON IL PIANO Séjourné l’Ue cerca di scrivere il suo futuro energetico, dopo essersi ritrovata in uno scenario di grande incertezza a livello internazionale. Il piano di riarmo per far fronte alla minaccia russa e sostenere militarmente Kiev ne è il segnale più evidente. Ma l’esecutivo europeo ragiona anche sull’impatto che una minaccia militare potrebbe avere sulla vita di quasi mezzo miliardo di europei, indicando come si dovrebbe reagire in caso di crisi.
È QUELLO CHE FARÀ stamattina la vicepresidente della Commissione Ue Henna Vikkunen presentando un altro piano: la Strategia di preparazione (EU Preparedness Union Strategy). Il quotidiano spagnolo El Pais ne ha anticipato alcuni passaggi, piuttosto ansiogeni ma molto significativi del clima del momento. «La preparazione e la resilienza dell’Europa di fronte alla violenza armata potrebbero essere messe alla prova in futuro», si legge nel testo. Il documento sottolinea la necessità di considerare «incidenti e crisi su larga scala, compresa la possibilità di un’aggressione armata che colpisca uno o più stati membri».
* Fonte/autore: Andrea Valdambrini, il manifesto
ph CC-BY-4.0: © European Union 2022 – Source: EP
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