Traffico illegale del legno, il cibo insostenibile che divora le foreste

Tra il 1990 e il 2020 (dati Fao) nel mondo distrutti 420 milioni di ettari di foreste destinati ad altri usi. Il business del traffico illegale del legno. Ue, attese le norme anti deforestazione
Il volume d’affari del traffico illegale del legno è, a livello globale, gigantesco: almeno 100 miliardi di dollari. Seconda voce dopo le droghe nei traffici mondiali della criminalità, in base ai dati dell’Interpol. L’impatto della deforestazione nel Sud del mondo resta devastante e tra i fattori che concorrono a incentivarla c’è anche il cibo insostenibile. Si tagliano foreste per coltivare la soia o l’olio di palma o per l’allevamento bovino. Secondo uno studio pubblicato dal Global Environmental Change il 29-39% delle emissioni di CO2 è riconducibile al commercio internazionale, in particolare di prodotti come carne bovina e olio di semi, un dato che contribuisce in modo significativo alla crisi climatica.
IL 21 MARZO SI È TENUTA la Giornata internazionale delle foreste, istituita nel 2012 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il tema di quest’anno è stato «foreste e cibo» per evidenziare il ruolo vitale nella sicurezza alimentare di questi ecosistemi cruciali per la sopravvivenza del Pianeta. Tra il 1990 e il 2020, secondo i dati Fao, sono andati persi 420 milioni di ettari di foresta, un’area equivalente a quella dell’Ue. Col termine «deforestazione» si intende la distruzione delle foreste per destinare la terra ad altri usi, siano agricoli o infrastrutturali o destinati al pascolo. In realtà nell’ultimo rapporto della Fao sullo stato delle foreste, uscito la scorsa estate, è stato registrato un rallentamento della deforestazione, evidenziando però un nuovo problema: il cambiamento climatico rende le foreste più vulnerabili agli incendi e ai parassiti.
«LA DISTRUZIONE DI INTERI ambienti naturali a causa della deforestazione – spiega Antonio Brunori, segretario generale di Pefc Italia, l’ente promotore della certificazione della buona gestione del patrimonio forestale – lascia una scia di morti sul lavoro e di disagio sociale, finanziando allo stesso tempo l’acquisto di armi e provocando pratiche come la prostituzione e lo sfruttamento. Una situazione che accomuna l’Amazzonia, il bacino del Congo in Africa e vaste aree del Sud-est asiatico. Lì è pratica comune dare mazzette per corrompere i poliziotti addetti al controllo, arrivare in porto e, con carte ripulite, dirigersi verso le nostre coste con un legno apparentemente regolare. Per contrastare tutto ciò, nasce la certificazione delle foreste che dà la garanzia che il bosco sia gestito in maniera corretta ed etica e che ci sia una tracciabilità di tutti i prodotti di origine forestale immessi sul mercato, quelli della cosiddetta catena di custodia. La gestione forestale sostenibile riguarda a valle il legno così come i prodotti non legnosi che da lì provengono».
L’UNIONE EUROPEA – che nel 2010 si era dotata della Timber Regulation (entrata in vigore nel 2013) in contrasto al commercio del legno illegale, che costituiva il 20% del legname importato – dal 30 dicembre 2025 renderà operativo la Eudr, il regolamento sui prodotti a deforestazione zero. Varato nel 2023, ha l’obiettivo di contrastare la produzione e il consumo di materie prime e prodotti derivati dalla deforestazione e dal degrado forestale, riducendo le emissioni di gas a effetto serra e proteggendo la biodiversità. Arriva, in realtà, con un anno di ritardo rispetto alle previsioni, ma è un passo in avanti. Il regolamento vieta l’immissione o l’esportazione di prodotti nel e dal mercato comunitario che non rispettino requisiti di legalità e sostenibilità e si applicherà a un’ampia gamma di prodotti in legno (tra cui legname e materiali a base legnosa, come carta e mobili), ma anche a prodotti alimentari come l’olio di palma, la soia, il caffè, il cacao e la carne bovina e tutti i loro derivati. «Dobbiamo essere consapevoli di come i nostri stili di vita causino deforestazione nel Sud del mondo», sottolinea Brunori. Ecco, l’impatto del cibo insostenibile. «Le certificazioni Pefc sono già allineate a molti degli elementi chiave del regolamento Eudr, con un sistema di Dovuta Diligenza che permette di tracciare l’intera filiera dei prodotti di origine forestale».
L’UNIONE EUROPEA È RESPONSABILE del 10% della deforestazione globale e purtroppo anche l’Italia ne è protagonista essendo l’ottavo maggior paese importatore su scala mondiale di materie prime che causano deforestazione. «Le importazioni delle sette commodities più a rischio deforestazione (legno, olio di palma, soia, carne bovina, cacao, gomma e caffè), che riguardano circa 36,6 miliardi di euro e 175 mila imprese medio, piccole e artigiane, quasi sempre provengono da Paesi in cui il rischio che siano state causa di deforestazione è molto elevato», ha fatto notare il Wwf Italia.
ORA, IN CONTEMPORANEA all’introduzione del nuovo regolamento europeo servono strumenti e risorse adeguate nei vari Stati Ue per applicarlo in modo efficace. «Tutto questo può avvenire – aggiunge il segretario generale di Pefc Italia – solo mediante l’imposizione di requisiti rigorosi rivolti alle aziende, in modo che le stesse diventino responsabili della necessaria inversione di rotta in direzione di prodotti tassativamente a deforestazione zero, ovvero non prodotti su terreni soggetti a deforestazione o degrado forestale dopo il 31 dicembre 2020».
SOLO COSÌ SI POTRÀ DARE UN VERO contributo alla lotta alla deforestazione, che incide ancora e soprattutto nel Sud del Mondo: dal bacino dell’Amazzonia al Cerrado brasiliano in Sudamerica, dal bacino del Congo nel cuore verde dell’Africa al Sud-est asiatico. «Venendo a noi, in Italia, salvo il caso della Calabria (denunciato da Legambiente) dove pesa il ruolo delle ecomafie nel taglio boschivo, non esiste un vero problema di illegalità forestale. Per quanto riguarda la deforestazione – conclude Brunori – il problema è l’opposto, i boschi aumentano perché l’abbandono della montagna e delle colline ne determinano una crescita progressiva». La certificazione di gestione forestale sostenibile riguarda poco meno del 9% dei boschi in Italia, soprattutto nel Nord dove da sempre c’è più pianificazione, ma è in aumento su tutto il territorio. Il Trentino Alto Adige nel 2024 si è confermato al primo posto per superficie forestale certificata con 600 mila ettari.
* Fonte/autore: Mauro Ravarino, il manifesto
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